sabato 8 ottobre 2011

Crescere per non...morire ?

Dopo neanche mese dall'inizio di un'avventura come quella di aprire un "blog" di discussione sui temi della "crisi" (finanziaria ma non solo...), potrebbe sembrare del tutto prematuro tentare di trarre qualche prima conclusione sul livello di gradimento riscontrato. Non tanto per capire se la "cosa" è gradita o no, non è questo lo scopo di un blog che nasce da un'esigenza "privata" delle persone. Ma per capire quanto il dibattito si è sviluppato o no, quali sono i punti sollevati che suscitano interesse e discutere, approfondire attorno ad essi.

Conosco personalmente tante persone che hanno letto i post che abbiamo scritto sino ad ora io e Sandro (in realtà molti Sandro e pochissimi io...) e la maggioranza di queste persone mi ha detto che avrebbero voluto scrivere dei commenti ma che non "si sono sentiti all'altezza" di farlo. In generale, le persone da me "intervistate" hanno manifestato o scarso interesse per queste problematiche o una reale mancanza di idee in proposito, pur riconoscendo la rilevanza dei temi trattati. Ho tuttavia anche annotato anche altre reazioni, da parte di amici, colleghi, conoscenti che sono state per me molto significative e che ritengo quindi utile usare come "oggetto" per questo mio nuovo "racconto".

Vorrei premettere che il campione di persone dalle quali ho avuto un feedback diretto non ha alcuna pretesa di avere una significatività "statistica" e, per di più, non è certamente equi-ripartito quanto a schieramento politico. In sostanza io mi sono rivolto quasi esclusivamente a persone che, politicamente, avverto essere "vicine" al mio modo di pensare, e che si collocano in quell'area del palcoscenico politico italiano che si chiama "sinistra democratica", per capirsi bene più o meno quelle che votavano per l'Ulivo al tempo dei governi Prodi e che adesso sono un po' dentro il PD, altri in SEL, magari qualcuno nel movimento Cinquestelle, qualche altro nei Verdi e così via.

La prima cosa che ho avvertito da parte di queste persone è un certo stupore: in sostanza non credono molto che queste "cose" che stiamo raccontando siano realmente "rilevanti". Altri mi hanno invece proprio detto di non condividere l'impostazione, tacciandomi addirittura, bonevolmente per carità, di essere un "vetero marxista" se non, addirittura, un...rivoluzionario.
Proprio così:...rivoluzionario.

Entrando più nel dettaglio, molti sono "scettici" sul fatto che la crescita inesorabile del PIL sia il vero problema che alimenta, paradossalmente, la crisi finanziaria che viviamo: al contrario affermano, per principio, che il PIL debba per forza crescere, e che tale necessità sia quasi un imperativo categorico,...ineluttabile, vista la complessità della nostra società.

In sostanza, l'idea è che se il PIL non cresce, la società diventa ancora più povera. Questo per altro è un concetto che ci viene ripetuto più o meno tutte le sere in un qualche talk show con presenza di politici come ospiti. E non solo, certamente, di centro-destra.
Sto banalizzando, evidentemente, ma il succo della questione è più o meno questo. Ovviamente il blog è aperto per ospitare commenti: se ho capito male o se sono stato troppo sbrigativo nel trarre questa conclusione, sarei ben lieto di ricevere commenti, anche polemici, da parte degli amici con i quali ho interagito, oltre che dai pochi o tanti (speriamo) altri che vorranno farlo e che non conosco.

Sul tema dell'ineluttabilità della crescita del PIL esiste una mole imponente di cose scritte o dette. In particolare, sul tema della "bulimia" della crescita, tipica dell'occidente ricco e gaudente, c'è chi ha scritto cose molto interessanti, sottolineando molto meglio di quello che potrei saper fare io le ragioni che la rendono effettamente ineluttabile, dato l'attuale modello disviluppo occidentale (ad esempio suggerisco di leggere qui )

Allo scopo, vorrei trascrivere una frase, tratta dall'articolo di Antonio Turiel estratto dal link sopra citato, che spiega molto bene perchè, con l'attuale modello di sviluppo "occidentale" (mi verrebbe da dire "capitalista-senza-freni", sperando di non essere marchiato come vetero-marxista,...) non sia possibile, in sostanza, "rallentare" la crescita o i consumi. Cito testualmente: "... non è possibile smettere di consumare a questo ritmo ed è necessario consumare ad un ritmo crescente. E' una necessità del sistema finanziario. Senza questo consumo crescente una massa, che finirebbe per essere maggioritaria, si troverebbe senza lavoro e senza mezzi di sussistenza e, dato il modello del debito e della proprietà privata che abbiamo, senza una totale sovversione dell'ordine imperante, senza una rivoluzione con cui la gente prende con la forza le proprietà ed il potere, il destino di questa gente è quello di agonizzare e morire... ".

Se ben capisco, sempre semplificando, mi sento di trarre una mezza conclusione del genere:
In sostanza, per esigenze del "sistema finanziario" siamo obbligati a crescere, altrimenti...moriremmo. Da cui lo slogan che ho usato nel titolo: crescere per non...morire.

In realtà, come lo stesso autore dice chiaramente, potrebbe accadere anche che il sistema collassi lo stesso per crescita eccessiva e incontrollata. Dice l'autore, testualmente, in conclusione: "...così è facile capire perchè io creda che da questa spirale di degrado economico se ne possa uscire solo con un'esplosione sociale, solo con una rivoluzione. Oppure con il collasso...".

Il collasso avverrebbe perchè le risorse presenti nel Pianeta da "spremere" non sono "infinite". E quando le risorse sono finite e non-infinite, i sistemi complessi come quelli ecologici e/o sociali, prima o poi collassano.
E, se li "spremi" troppo, collassano prima.

Questa faccenda mi ricorda terribilmente i sistemi preda-predatore che mi spiegava quel grande scienziato che fu il compianto Prof. Giampietro Puppi nelle sue bellissime lezioni del corso di Fisica Superiore, dove trattava i sistemi complessi, le cui prime formulazioni matematiche furono proposte da Guido Volterra riferendosi all'equilibrio tra specie animali, prede e i predatori, (guarda qui) .

Se ben mi ricordo, visto che gli anni sono passati da quando avevo vent'anni (ahimè...) allora avevo capito che, nel caso di "prede infinite" (o infinitamente "riproducibili"), allora i "predatori" che si cibano di quelle "prede", potevano prosperare e non scomparire. Ma se, al contrario, le "prede" invece erano "finite" e magari i "predatori" erano anche assai "voraci", allora poteva accadere la "catastrofe" e cioè che la specie dei "predatori" aveva la disavventura di scomparire addirittura prima delle "prede".
Se mi si passa l'analogia, il nostro sistema "occidentale" di "sviluppo" ricorda il "predatore" che si ciba di ogni tipo di "preda" (ogni bene prodotto dalla terra, petrolio piuttosto che risorsa idrica o cibo e trattando i poveri del mondo come "schiavi" al suo servizio), non fa troppo bene i conti con la "certezza" che le risorse sono realmente limitate e potrebbe quindi giungere al collasso, e magari anche presto, dal momento che i sistemi economici-ecologici e sociali sono intrinsecamente non-lineari e possono sviluppare le loro dinamiche anche parecchio in fretta (l'esempio dello scioglimento rapido" degli iceberg antartici è un esempio, guarda qui, ad esempio):

C'è chi afferma queste cose molto meglio di me. Ad esempio, nel bell'articolo del Prof. Bonaiuti dell'Università di Bologna, si legge: (si scarica da qui): :"...non stupisce che un processo di crescita accelerata come quello descritto debba prima o poi scontrarsi con i limiti biofisici del pianeta. Le simulazioni condotte già a partire dagli anni Settanta degli studiosi del MIT presentavano, per le fondamentali variabili economico-ecologiche (disponibilità di risorse, popolazione, speranza di vita, produzione industriale, etc..) dapprima incrementi decrescenti a cui seguiva una vera e propria decrescita dei valori assoluti..."

Se queste analisi economiche, che sono oggetto di studio nelle Università, sono vere, allora mi viene da chiedere se non sia imperativo porsi qualche domanda sul come, ad esempio, arginare, o per meglio dire, rallentare questa corsa non controllata dello sviluppo economico.
E, se questa crisi "sistemica" dell'economia è in qualche maniera (anche) causata dalle speculazioni finanziarie, allora non sarebbe quantomeno opportuno inserire nell'agenda della politica di adesso, oserei dire, della "sinistra", qualche ragionamento sulla necessità di "arginare" il ruolo della finanza nei confronti dell'evoluzione sociale degli Stati e quindi, delle popolazioni ? Attraverso leggi di controllo opportune ?
In verità non mi capita di ascoltare spesso discussioni su tali temi, ad esempio nei talk show sopra citati.

Un'opzione politica del genere è....veramente rivoluzionaria o è piuttosto illusorio, per non dire sconsiderato, continuare a credere, e a far credere, che non si possa ,o addirittura si debba, fare qualcosa ?

4 commenti:

  1. Ciò che non possiamo più accettare è l'essere "costretti" a crescere ad ogni costo, ad aumentare il PIL in qualunque modo, ad aumentare la ricchezza comunque generata. La crescita dovrebbe essere una scelta consapevole di un Popolo e dovrebbe essere preordinata ad una strategia di crescita: crescere perchè ? andando in quale direzione ? Con quali tecnologie ? Con quale impatto sull'ecosistema ? I nostri politici televisivi si limitano ad invocare la necessità di una crescita "generica", una crescita qualunque che spinga sul denominatore di quella dannata frazione Debito/PIL e renda sostenibile il numeratore del Debito.

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  2. http://bit.ly/oM0ldk
    L'ottimismo delle cicale, la fiducia dei mercati.

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  3. Sono d'accordo, veramente d'accordo con quello che si scrive. Per un livello medio di comprensione dell'argomento le considerazioni sino ad ora esposte (su questo blog o su altre pubblicazioni) sono a mio avviso sufficienti. Un grosso problema per me è capire se la politica sarà mai in grado di porvi rimedio. Questo non perchè considero la politica come qualcosa di negativo o insufficiente o troppo difficile, ma perchè è un fenomeno "di massa". Senza la minima volontà di offendere nessuno, un po' come la differenza che trovo tra la fede personale ed una religione.
    Ste

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  4. La politica di "adesso" difficilmente ci porrà un rimedio. Perchè non può farlo, dal momento che è, sostanzialmente, in linea con quanto dice la grande finanza, per non dire che è nelle mani degli speculatori finanziari, che sembrano essere i "veri" capi degli Stati. Dal momento che decidono loro, ad esempio, quando un paese deve collassare o no (Grecia docet..). La caduta del potere della "Politica" è avvenuta gradualmente, probabilmente anche a causa del crollo del mondo comunista, e il capitalismo ha perso totalmente ogni tipo di regola non dovendo contrapporsi con niente. Oggi, solo gli affari governano il mondo, e la politica sta dietro gli affari. I principi "etici" o anche solo "naturali" si discutono nei congressi, ma fanno fatica a trovare spazio nell'agenda della politica. E questo è più vero in Italia che altrove. E i cittadini, la "massa", senza i partiti dietro che li rappresentano più veramente, non hanno la forza, da soli, per rompere questo ingranaggio. Avrebbero bisogno, per farlo, della politica, e quindi dei partiti, con ciò manifestando un chiaro esempio di comma 22....Puo' darsi che altre forme di associanismo possano prendere corpo, ma sono pessimista...
    Carlo C.

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