sabato 15 settembre 2012

Un modellino per (cercare di) capire

Studiando e cercando di capire il pensiero di Hyman Minsky e l' Ipotesi della Instabilità Finanziaria ho disegnato questo "modelllino" che vorrei condividere con gli amici di piazzaverdi.

Eccolo in forma "grafica":

Il "modellino" cerca di rappresentare il funzionamento di una Unità Finanziaria (rappresentata dal cerchio) cioè di un Agente Economico Elementare che può essere qualsiasi soggetto in grado di fare degli Investimenti utilizzando Capitale Proprio e Capitale preso in prestito (Debito).

Rientra in questa definizione generale qualsiasi soggetto del sistema economico e finanziario che conosciamo e all'interno del quale noi ci muoviamo ogni giorno: Famiglie, Imprese, Stato, Banche, Assicurazioni, Intermediari, ecc...

Se ci pensiamo bene, qualsiasi soggetto economico si muove secondo questa "meccanica elementare".

Pensiamo un piccolo imprenditore, ad esempio.

Questo signore avrà del capitale proprio che mette nell'impresa (E).

Poi va in banca a chiedere un prestito o un mutuo e quindi contrae un debito (D) che sarà soggetto ad un certo tasso di interesse (d).

Mette assieme i soldi ricevuti dalla banca con una parte del capitale proprio (l'altra se la tiene come riserva o margine) e, con la somma complessiva ( E + D - M ) effettua un Investimento ( I ).

Cioè, nel suo caso, acquista i mezzi di produzione: il capannone, i macchinari, gli uffici, il software, ecc...

A quel punto si ritrova ancora con un po' di liquidità in mano (il margine che si è tenuto a riserva) e con un Capitale Investito ( I ) che si è trasformato in mezzi di produzione molto concreti e materiali e "immobilil" e che deve iniziare a "sfruttare" per dare un "senso" all'investimento.

Il Capitale Investito, sottoforma di mezzi di produzione, gli consente di svolgere il suo business: ad esempio produzione di capi d'abbigliamento (o qualsiasi altra cosa).

Per svolgere il suo business deve assumere degli operai e degli impiegati, deve acquistare materie prime da fornitori, deve trasformare le materie prime in prodotti finiti grazie al lavoro, deve poi andare a vendere i prodotti finiti e quindi ottenere un RICAVO.

Il ricavo gli deve consentire, ogni anno, di coprire i COSTI di ESERCIZIO cioè pagare gli stipendi, di pagare i fornitori, di pagare tutte le spese operative e generali.

Con quello che gli rimane (dopo aver coperto tutti i costi) deve pagare le Tasse allo Stato.

Alla fine, dopo aver pagato ANCHE le tasse, gli resta in mano, ogni anno, una certa somma che si spera essere positiva.

Questa somma, misurata in termini percentuali rispetto al capitale investito, è il ROI, o "ritorno dell'investimento" (Return On Investment).

Il ROI è la percentuale di investimento che, ogni anno, "ritorna indietro" all'investitore come "valore aggiunto" e quantifica la quantità di denaro che l'investimento iniziale riesce a generare alla fine di ogni ciclo economico.

Se investo 100 e, alla fine di ogni anno, ho un ROI del 10% vuol dire che quei 100 di capitale investito sono in grado di GENERARE, ogni anno, 10 unità aggiuntive di capitale. Il capitale genera un "reddito". I denaro ha generato altro denaro (D --> D').

Se i% indica il ROI, ed I è l'investimento, la somma che ogni anno "ritorna" nelle mani dell'investitore e che chiamiamo Reddito Lordo (RL) è data da:

RL = ( i x I ).

Con questo "ritorno", l'investitore deve - innanzitutto - pagare gli interessi sul debito e quindi, se d% è il tasso di interesse del finanziamento e D è l'ammontare del debito, dopo questo esborso gli rimane in mano un Reddito Netto (RN)

RN = ( i x I ) - ( d x D )

Il reddito netto calcolato in percentuale rispetto al capitale proprio (E = Equity) consente di calcolare il ROE, il ritorno sul capitale proprio (Return On Equity) cioè la percentuale di accrescimento del capitale proprio dopo ogni anno di esercizio, la percentuale con la quale cresce il capitale proprio grazie all'investimento che l'imprenditore ha fatto usando una parte del suo capitale e aggiungendo capitale preso in prestito.

Se e% è il ROE abbiamo quindi:

e = RN / E = [ ( i x I ) - ( d x D ) ] / E

Ora, sapendo che il capitale investito è dato da:

I = E + D - M

ed introducendo le seguenti definizioni

s = ( i - d ) = spread = differenza tra i tassi di interesse attivo e passivo

l = I / E = leverage o leva finanziaria: rapporto tra capitale investito e mezzi propri

r = ( E - M ) / E = indice di rischio: frazione del capitale proprio investito

otteniamo questa formulazione finale del ROE

e = ls + rd

Guardando questa semplicissima equazione, capiamo subito quali sono le condizioni che rendono MASSIMO il ROE cioè le condizioni che fanno più felice l'imprenditore o l'investitore o, più in generale, l'Unità Finanziaria che effettua l'investimento.

E' evidente: se i tassi di interesse attivi (i) e passivi (d) sono fissati e, tra questi, esiste uno spread maggiore di zero, allora il tasso di accrescimento (accumulazione) del capitale proprio (Equity) è tanto maggiore quanto maggiore è la leva finanziaria ( l ) e quanto maggiore è l'indice di rischio sul capitale proprio ( r ) cioè quanto minore è il margine (M) che l'Unità Finanziaria si tiene in cassa.

Cioè l'Unità Finanziaria, per massimizzare il suo "profitto", è SPINTA NATURALMENTE a massimizzare la leva cioè a fare tanti debiti e minimizzare il margine cioè a tenersi poco capitale liquido in cassa.

E quali sono le condizioni (anche psicologiche) che inducono una Unità Finanziaria a RISCHIARE di PIU' (alta leva, bassi margini) ?

Sono le condizioni di STABILITA'.

Cioè: quando le cose "vanno bene", l'economia "tira", tutto sembra in ordine, tutti pagano alla scadenza, il PIL cresce, la disoccupazione cala ecc...

Quando le cose "vanno bene", aumenta l'ottimismo cioè le aspettative rispetto al futuro. Tutti pensiamo (o ci illudiamo) che le cose andranno sempre meglio e che saremo sempre più ricchi.

In una situazione di STABLITA' le Unità Finanziarie sono naturalmente spinte ad aumentare i propri livelli di rischio (e lo fanno solo per GUADAGNARE DI PIU' e PIU' VELOCEMENTE, come si vede dalla equazione scritta sopra).

L'aumento del livello di rischio rende le Unità Finanziarie più FRAGILI cioè più esposte a shock esterni e meno in grado di reagire in caso di rapide variazioni dei tassi di interesse attivi e passivi.

Se l'ottimismo si diffonde e dilaga, molte Unità assumeranno posizioni ad alto rischio aumentando la leva e abbassando i margini. E questa propensione al rischio si diffonde come un VIRUS perchè le unità che per prime si espongono al rischio iniziano a guadagnare di più e più velocemente e tanto più velocemente quanto maggiore è il livello complessivo di rischio a cui si espongono (alta leva, basso margine). Le altre unità, allora, per EMULAZIONE, tendono ad aumentare anche loro il proprio livello di rischio per guadagnare come le altre. E così via.

Fino al momento in cui TUTTE le unità (o la stragrande maggioranza di esse) sono esposte al rischio e si fragilizzano rendendo l'intero sistema, nel suo complesso, un sistema FRAGILE.

A quel punto basta una scintilla per far esplodere tutto.

Ad esempio, basta il falllimento di una grande banca per creare una reazione a catena e trasformare la sommatoria delle fragilità in un crollo diffuso e quindi in una crisi sistemica globale.

Come se ne esce ?

Comprendendo che il Sistema Finanziario fatto da milioni e milioni di Unità Finanziarie, interconnesse e interagenti, ciascuna regolata dalla semplice dinamica esposta sopra, è un sistema INTRINSECAMENTE INSTABILIE e che si muove verso l'instabilità proprio nel momento in cui si stabilizza (!).

Non possiamo farci nulla. Funziona così.

La Stabilità genera Instabilità e porta alla Crisi.

Capito questo, possiamo solo adoperarci affinchè si riduca l'ampiezza delle crisi e le oscillazioni ("naturali") del sistema capitalistico rimangano costantemente dentro una banda di sicurezza per non compromettere, ogni volta, la sopravvivenza dell'intero sistema.

Il sistema finanziario, quindi, deve essere regolato, vincolato, controllato.

Ogni forma di "liberismo" o di deregolamentazione è PERICOLOSA e non ci porta verso il "meglio" ma verso una serie infinita di oscillazioni sempre più ampie e distruttive.

Ci devono essere dei contrappesi, delle istituzioni di vigilanza che si accorgono quando il livello medio di fragilità del sistema ha superato una certa soglia di guardia e intervengono per OBBLIGARE le unità finanziarie ad abbassare le loro aspettative, e quindi a ridurre lentamente la leva e aumentare lentamente i margini e tornare in uno stato di funzionamento "regolare" prima che si arrivi all'esplosione. 

Servono cioè dei regolatori che al momento giusto possano esercitare il POTERE di obbligare le Unità Finanziarie a rinunciare ad una parte dei loro "guadagni" privati e ad accontentandosi di un ROE più basso per garantire la "salute" complessiva del sistema.

Queste istituzioni regolatrici possono essere solo istituzioni PUBBLICHE che agiscono per il "bene comune", con una visione di insieme e di lungo termine e NON si comportano - esse stesse - come una qualsiasi Unità Finanziaria speculativa.

Devono stare oltre il sistema, fuori dal sistema per poterlo regolare.

Cioè devono essere SOVRANE.

Se, invece, come stiamo facendo - ORA - continuiamo a ridurre l'impronta dello Stato nell'Economia e togliamo queste regolazioni lasciando libero il sistema finanziario e i "mercati" di andare per la loro strada, ci vedremo sempre di più  condannati ad attraversare cicli economici di crescita e crollo, con oscillazioni sempre più grandi, fino a compromettere la nostra stessa sopravvivenza.

E' così difficile da capire ?

Sandro.

5 commenti:

  1. Ciao Sandro,
    come sempre hai fatto un gran bel lavoro. Torna utile ed è comprensibile. Valuta però che lo hai rappresentato con un modello, che per quanto semplice ( per noi ) è pur sempre un modello matematico. I destinatari di questa rappresentazione, che racconta in termini logici e matematici quanto è accaduto nell'ultimo decennio nell'Eurozona,andrebbero, a mio avviso, selezionati. Voglio dire, che se da un punto di vista puramente algebrico potrebbero bastare le nozioni acquisite con un titolo di scuola media superiore, potrebbe d'altro canto non essere sufficiente una laurea, se non si hanno gli elementi base di economia politica. Molte persone, non propriamente attrezzate, preferiscono farsela raccontare, piuttosto che sforzarsi di analizzarla in termini scientifici. Ripeto: dipende dall'uso politico che se ne vuole fare. Nel nostro caso, che contestiamo il sistema della moneta unica adottato in Europa, forse dovremmo sottolineare come nella prima fase del ciclo il maggior afflusso di capitali dal Centro è dipeso sia da una grande disponibilità degli stessi che cercavano una rapida allocazione sui mercati in generale, sia dal vantaggio offerto dal cambio fisso in termini di garanzia di remunerazione per poter prestare i capitali alle aree periferiche dell'Eurozona.

    RispondiElimina
  2. Mi interessa, con questi semplici schemi, mettere in evidenza l'inconsistenza delle dottrine cosiddette "neo-liberiste" che continuano a propagandare una cieca fiducia nella capacità di auto-regolamentazione dei "mercati" da cui si deriva la dottrina politica delle "liberalizzazioni" e delle de-regolamentazioni.

    Minsky ci ha fatto capire, invece, come i "mercati" siano incapaci - per loro natura, per come funzionano - di raggiungere uno stato di equilibrio stabile. I mercati non sono in grado di auto-regolamentarsi.

    E questo perchè la sommatoria delle utilità individuali NON produce una utilità collettiva e comportamenti perfettamente razionali a livello "micro economico" non producono una razionalità collettiva ma, al contrario, una evidente follia.

    Capire questo punto, di fondo, ci consente di essere CONTRO il neo-liberismo con maggiore cognizione di causa. Perchè noi non diciamo che il neo-liberismo è "cattivo" o "brutto" o non è "etico". E, tantomeno, diciamo che ci sono complotti e massonerie deviate al vertice del potere mondiale.

    Noi diciamo, semplicemente, matematicamente, che il neo-liberismo NON funziona e non è in grado di guidare il mondo verso la stabilità.

    E da qui la necessità di adottare regole e istituzioni in grado di dare razionalità all'agire economico collettivo.

    La freddezza delle analisi ci permette di essere molto più credibili quando presentiamo le nostre proposte.

    RispondiElimina
  3. Sandro, il tuo post è illuminante. Peccato solo che in Italia le "luci" della ragione non le vogliono accendere. Si preferisce restare nel "buio" dell'ignoranza per tenere sotto scacco i cittadini. Da questo punto di vista la "sinistra" tradizionale, adesso persa nel duello Bersani/Renzi o sul fatto della "fondamentale" notizia che rientra Rutelli nel PD (come se ne fossimo stupiti...), o non capisce niente di niente di questa cosa che hai scritto (e che capirebbe anche un somaro) o, semplicemente, non crede che sia il punto. Perchè credono che questa Crisi sia transitoria e perchè a loro non gli è stato portato via, ancora niente, del loro "privato", intendo. Non è questione di "uso politico che se ne fa", Mauro, è questione di pura imbecillità e ladrocinio. Non possono fare un "uso politico" di una cosa che non sanno. E che non capiscono. O che non gliene frega niente.

    Noi abbiamo una classe politica fatta per metà di ignoranti che non sanno neanche dove è nato Napoleone e per l'altra metà di affaristi, inciuciatori, galoppini, portaborse. E li abbiamo mandati su noi, tra l'altro. Solo facendo capire al popolo come stanno le cose, potremo far breccia. Sperando di usare le armi giuste, che sono quelle della ragione. Ma ci si riesce ? O forse bisogna anche avere le "strutture" (che non abbiamo) per arrivare anche solo a farsi capire ?

    RispondiElimina
  4. Grazie Sandro per l'aggancio politico che hai dato al modello.Adesso mi è chiaro che utilizzo ulteriore se ne possa fare. Critica del neoliberismo e dei modelli funzionali alle oligarchie che lo sostengono ma nefasti per l'economia nel suo complesso e per il bene comune.

    RispondiElimina
  5. Esatto. Diventa più difficile sostenere le magnifiche sorti e progressive del libero mercato se tutti capiscono che il mercato - semplicemente - non può funzionare se lasciato "libero" di fare ciò che vuole. Non è questione di opinioni politiche o di opzioni ideologiche. Se una cosa non funziona, non funziona e basta. C'è poco altro da aggiungere. La domanda vera adesso é: come si controlla e si regola il mercato ? Quali istituzioni servono ? E come possiamo costruirle ?

    RispondiElimina