venerdì 14 ottobre 2011

Il grande capo

In un celebre film di Lars Von Trier, Il Grande Capo, il titolare di una azienda (di software), per gestire con maggiore agilità le attività aziendali e le relazioni con i suoi collaboratori, decide di inventare la figura mitica di un presidente invisibile (il grande capo, appunto), lontano e irraggiungibile, e di attribuirgli sistematicamente la responsabilità delle decisioni più impopolari e dolorose.

Con questa subdola strategia, il "capo" riesce a governare l'azienda mantenendo un buon livello di consenso personale e riuscendo sempre scaricare sul "grande capo" (invisibile) tutte le azioni e le decisioni che possono far crollare la base del suo consenso.

Tutto funziona alla meraviglia fino al punto in cui l'azienda deve essere messa in vendita e il compratore pretende di negoziare l'affare direttamente con il presidente cioè con il grande capo in persona.

Per tentare di cavarsela e riuscire a vendere l'azienda, il capo assume un attore professionista mettendolo a recitare la parte del presidente e lasciandolo in balia delle rancorose ritorsioni di tutti i colleghi che, finalmente, possono guardare in faccia la causa ultima dei loro mali.

La metafora di Von Trier, a mio avviso, descrive perfettamente la nostra attuale situazione.

La classe politica nazionale (il capo) vorrebbe sempre agire per il bene dei cittadini, aumentando i servizi e riducendo le tasse, ma non può farlo a causa della enorme montagna di debito pubblico che l'Europa (il grande capo) ci impone di ridurre adottando manovre economiche "lacrime e sangue" che scongiurano la bancarotta e consentono al Paese di continuare ad "onorare la sua firma sovrana" (cioè continuare a pagare gli interessi sul debito).

Il grande capo è un capo più forte del capo, è più forte della classe politica e anche del Governo.

Il grande capo non ammette tentennamenti, è implacabile nei suoi giudizi e non è soggetto a nessun'altra superiore autorità.

Il grande capo non può essere mai contraddetto perchè sa sempre qual'è il nostro bene anche quando ci chiede sacrifici.

Ecco come si mette all'angolo la Democrazia: invocando una superiore ed ineluttabile necessità alla quale il popolo non può sottrarsi ed affidando l'espressione di questa volontà superiore ad entità mitologiche e misteriose (il debito... l'europa... il mercato...) che non si materializzano mai in qualcosa di concreto e visibile, in qualcosa che si può comprendere fino in fondo o in qualcuno con cui si può interagire in modo diretto e dialettico.

Poi però, quando i nodi vengono al pettine, quando arriva il "compratore", quando bisogna fare sul serio, il grande capo acquista un volto, una fisionomia e finalmente sappiamo con chi prendercela.

A questo punto possiamo fare solo due cose: indignarci ed accanirci contro l'attore (credendo che sia davvero lui il grande capo) oppure togliergli la maschera, obbligarlo a parlare, a rivelarci le diaboliche regole del gioco di cui siamo stati, per troppo tempo, ignari giocatori.

Chiedere, insomma, all'attore di rivelarci l'autore e il copione della commedia.


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