venerdì 10 febbraio 2012

pre-Monti


Ho trovato sul sito del Corriere della Sera l'archivio degli ultimi editoriali firmati dal prof. Mario Monti negli anni e nei mesi precedenti il suo attuale incarico di governo.

Ecco l'indirizzo:


Alcuni brani mi sembrano molto significativi soprattutto se riletti proprio oggi, il giorno della prima visita ufficiale del Presidente Monti al Presidente Obama, a Washington.


(3 febbraio 2008)

Se le energie politiche vengono spese tutte per combattere l'avversario, dove si trova la forza per arginare il disfacimento dell'Italia, ad opera degli italiani? L'opinione pubblica, stanca di uno spettacolo inconcludente e a volte indecente, chiede uno sforzo comune su cose concrete. Forse fiutando questa domanda, i due leader appaiono ora meno ostili all'idea di una grande coalizione. Ma sono credibili?


(5 marzo 2008)

Ian Bremmer, un esperto di risk management nella politica internazionale, ci spiega molto bene, nel suo recente "La curva J", che la stabilità può essere assicurata, in modo brutale e opprimente, dall'estrema chiusura che caratterizza i regimi dispotici o, in modo più consensuale e duraturo, dalla grande apertura delle democrazie liberali. In mezzo, quando l'apparato della dittatura non funziona più, ma le nuove istituzioni non si sono ancora affermate e le forze contrapposte si scontrano tra loro, si vivono i tempi più incerti e pericolosi. Lo stesso vale per l'economia e i rapporti sociali in Occidente: l'affermarsi della globalizzazione e delle liberalizzazioni può comportare contraccolpi negativi e originare rigurgiti di protezione, diffidenza, chiusura e odio nei confronti del diverso, ma all'altra estremità del tunnel ci aspettano un'economia e un modello di convivenza migliori.


(5 ottobre 2008)

Come tutti gli altri, la Ue sta subendo l’impatto della crisi sui mercati finanziari e sull’economia reale. A differenza degli altri, essa subirà anche un impatto sulla sua stessa identità, cioè sull’integrazione. Mentre il primo è fortemente negativo, questo secondo impatto potrebbe anche non esserlo. Dipende solo da noi europei. E’ grande il rischio che i diversi Stati europei tentino di rispondere alla crisi con interventi nazionali non coordinati, che porterebbero verso una disintegrazione, cioè al crollo di elementi importanti della costruzione comune già realizzata.  

Ma vi è anche l’opportunità di reagire alla crisi in modo cooperativo, rafforzando la costruzione con alcuni elementi strutturali senza i quali essa mostra la propria fragilità. La crisi farebbe allora compiere un passo avanti all’integrazione. Non sarebbe la prima volta. Senza le gravi crisi valutarie del passato, i governi e le banche centrali non avrebbero mai trovato la forza per rinunciare alla «sovranità monetaria». E’ così, dalle crisi, che nacquero l’euro e la Banca Centrale Europea, senza i quali la crisi attuale avrebbe sull’Europa conseguenze ancora più pesanti.


(1 febbraio 2009)

Con la crisi e con l'arrivo del presidente Obama, il mondo avverte finalmente l'urgenza di governare la globalizzazione. Per dare forma a tale governo, guarda al know-how dell'Europa, dalla quale si aspetta un contributo particolare. 

Il rischio è legato alla minore credibilità di cui gode oggi l'economia di mercato, dopo gli abusi che ne sono stati fatti. Il rischio di passare da un estremo all'altro, con un ritorno disordinato degli Stati nei mercati e con nuove regolamentazioni dettate dall'urgenza, c'è dappertutto. Ma in Europa può essere più distruttivo. In Europa, il «mercato», accompagnato dal «sociale », non è solo un modo in cui sono organizzate le attività economiche. E' anche il fondamento dell'integrazione europea. 

L'Unione Europea si è a lungo chiamata «Mercato comune». Se gli Stati membri, nel gestire la crisi, tornano a praticare politiche essenzialmente nazionali, senza curarsi troppo delle conseguenze negative sugli altri Stati, se la sorveglianza della Commissione europea viene vista con insofferenza, se queste tendenze prendono piede, allora l'Europa rischia di perdere la base principale della propria integrazione. Di andare verso la disintegrazione, proprio nel momento in cui il mondo riconosce la validità della costruzione europea e vuole imitarla.

3 commenti:

  1. L'ultima citazone, in particolare, è estremamente interessante: l'Europa come "laboratorio" per sperimentare una nuova governance della economia globalizzata che sta sfuggendo di mano.

    E in effetti il ragionamento regge.

    Se ci pensiamo bene, l'Europa rappresenta - in scala ridotta - una situazione socio economica del tutto simile a quella dell'intero Pianeta: stati-Nazione politicamente disomogenei e disaggregati che si raccordano solo nella prospettiva di un unico mercato economico/finanziario rappresentato da una unica moneta: Esattamente quello che succede al mondo nel suo complesso (dove il ruolo dell'Euro è svolto - ancora per quanto tempo ? - dal Dollaro USA).

    Molto diverso rispetto allo scenario politico degli Stati Uniti o della Cina o della Russia, altri esempio di economie continentali.

    Risolvere il "rebus" Europeo è sicuramente un compito più semplice e affrontabile rispetto al rebus mondiale e può far emergere in tempi accettabilli delle ricette (delle "best practises" ,potremmo dire) applicabili su vasta scala per l'intero mondo globalizzato.

    Il prof. Monti (già presidente - proprio per l'Europa - della Commissione Trilaterale, ricordiamolo) sembra quasi essere stato prescelt per guidare questo grande esperimento socio economico da cui dipendono le sorti del mondo.

    La copertina del Time (e il titolo che ci sta sotto), del resto, parlano chiaro.

    Fanta Politica ?

    Psicostoriografia alla Asimov ?

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  2. In Grecia stanno cercando di capire quale sia il punto massimo di pressione applicabile sulla popolazione civile prima di far scoppiare la rivoluzione. Stanno misurando il "punto di rottura" del sistema "democratico".

    Anche questo, secondo me, fa parte del complesso esperimento europeo da cui devono emergere le nuove ricette neoliberiste per il governo della globalizzazione.

    E' il know-how di cui parla Monti, probabilmente...

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  3. Su questo ultimo commento dissento. Grecia come esperimento sociale? Sarebbe un esperimento irripetibile, dunque inutile. Il contesto e il vissuto storico-culturali sono fondamentali nel determinare il punto di rottura. Oltre ad alcuni eventi che con la complicità della comunicazione di massa possono scatenare reazioni a catena.

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