giovedì 17 maggio 2012

Articolo 81 e dintorni




L’Articolo 81 della Costituzione della Repubblica Italiana, fino al 18 aprile 2012, recitava:

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Le camere approvano ogni anno i bilanci ed il rendiconto consuntivo presentati dal governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. 
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Il 18 aprile il Senato approva, in seconda lettura, il ddl costituzionale di riforma dell'art. 81, che introduce il pareggio di bilancio in Costituzione, raggiungendo col voto unanime di Pd, PdL e Terzo Polo, il quorum di 214 voti su 321 aventi diritto necessario ad evitare il referendum popolare confermativo.

Questo è il nuovo testo dell’Articolo 81:

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Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principî definiti con legge costituzionale.
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La nuova formulazione dell'Articolo 81 impone, di fatto, il seguente vincolo matematico al Bilancio dello Stato:


( Entrate – SpesaCorrente ) – Interessi – Investimenti = 0


Dove l'ordine degli elementi non è casuale e rispecchia le nuove "priorità" della politica economica nazionale,  che non sono più negoziabili e vengono, di fatto, sottratte alla volontà del potere politico che  è, o dovrebbe essere, espressione della volontà popolare.

In maniera molto “divulgativa” (ma utile per capire) possiamo riassumere la cosa nei seguenti termini:

Lo Stato applica una certa Pressione Fiscale sulle famiglie e sulle imprese e quindi ottiene,  ogni anno, un certo ammontare di Entrate (fiscali).

Con queste risorse finanziarie deve:

1) Prima di tutto coprire la Spesa Corrente (cioè deve far funzionare la macchina dello Stato).

poi, con quello che avanza (non a caso questa differenza si chiama “avanzo primario”) deve

2) Pagare gli Interessi sul debito pubblico (deve, cioè, onorare il servizio del debito)

poi, con quello che avanza (se avanza) può

3) Effettuare Investimenti (costruire nuove scuole, nuovi ospedali, nuove strade, nuove reti informatiche, nuove infrastrutture pubbliche in generale)

Cioè lo Stato può investire solo se ha i soldi in cassa e non può più fare deficit per finanziare nuovi investimenti a debito.

E’ un po’ come dire ad una famiglia che può comprarsi la casa solo se ha già tutti i soldi cash nel conto corrente perché , per legge, è diventato illegale stipulare un contratto di mutuo con una banca.

Il pagamento degli interessi sul debito ha, quindi, maggiore priorità rispetto agli Investimenti:  prima si pagano gli interessi e poi, se rimangono dei soldi in cassa, si investe.

Vista la situazione attuale dei nostri conti pubblici dove l’avanzo primario (entrate meno spesa corrente) – pur positivo !!  – non è sufficiente a coprire l’onere degli interessi (che sono una montagna di soldi perché lo stock di debito è molto elevato e i tassi di interesse sono da usura)  il nuovo Articolo 81 produce automaticamente l’impossibilità di spendere a deficit né per la spesa corrente (che sarebbe anche giusto) né per gli investimenti (che è molto meno giusto dal momento che gli investimenti servono proprio stimolare la crescita e quindi rendere più sostenibile lo stesso debito sul lungo periodo creando le premessa per una sua progressiva riduzione).

Nei prossimi anni (forse nei prossimi decenni) l'Italia sarà dunque "costretta" (dalla sua stessa Costituzione !!)  a promulgare manovre finanziarie molto dolorose per massimizzare le entrate fiscali e minimizzare la spesa corrente in modo da espandere al massimo l’avanzo primario e coprire con queste risorse tutta la spesa per gli interessi onorando i suoi impegni verso il “mercato”.

Il nuovo Articolo 81 è, insomma, una sorta di “gabbia” per la politica economica nazionale e, allo stesso tempo, una significativa e robusta garanzia di lungo periodo per i nostri creditori cioè per i detentori dei titoli di stato (i grandi fondi speculativi, le grandi banche d’affari)  molti dei quali, recentemente, hanno ricevuto in prestito un trilione di euro dalla BCE al vantaggiosissimo tasso del 1% (operazione LTRO) e con quei soldi si sono messi a fare il giochino del carry trade acquistando i nostri titoli di debito che, grazie alla speculazione sullo spread, sono schizzati a tassi di interesse del 5 o 6 o 7 %, amplificando i rendimenti grazie alla leva finanziaria (vedi: http://piazzaverdi.blogspot.it/2012/01/mutuo-soccorso-tra-banche.html e anche http://piazzaverdi.blogspot.it/2011/12/lequazione-fondamentale-della.html ).

Se il “mercato” è contento (perché lo Stato italiano è diventato un “buon” pagatore di lucrosi interessi) i cittadini italiani lo sono molto meno, avviati, come sono, sul lungo e tortuoso cammino della austerità e del rigore di bilancio senza nessuna “terra promessa” da raggiungere ma solo con la (non dimostrabile) consolazione aver scampato il tanto terribile quanto improbabile default.

E poi vale anche questa ulteriore considerazione: se lo Stato non può più investire a debito, chi farà gli investimenti di cui abbiamo bisogno per avviare la tanto “sbandierata” crescita ?

Se la “crescita” è davvero l’unica ricetta per uscire dalla crisi (come sostengono ogni giorno tutti i guru dell’economia ortodossa di destra e di sinistra) con quali investimenti si può far partire un nuovo ciclo di crescita se lo Stato Nazionale non può più esercitare questo importante ruolo di “stimolo” ?

Gli Stati Nazionali europei hanno perso prima la Sovranità Monetaria cedendola alla BCE che tuttavia non può esercitare il ruolo di Prestatore di Ultima Istanza (i soldi può darli alle banche al 1% ma NON agli Stati !) e adesso stanno perdendo anche la Sovranità sulla Politica Economica dovendo sottostare ad un artificioso e ambiguo “patto di stabilità” che impedisce, di fatto, qualsiasi possibilità di guidare il ciclo economico attraverso i grandi investimenti  pubblici come è sempre avvenuto, in passato, per uscire dalle crisi (quando non è scoppiata la guerra).

L’Articolo 81, infine, impone agli Stati di uscire velocemente dai tanti settori dell’economia reale in cui sono impegnati per fare spazio ai grandi capitali privati i quali, una volta entrati, faranno le LORO politiche economiche con le LORO priorità e con l’unico criterio di massimizzare il LORO profitto non dovendo sottostare a nessun controllo democratico ma solo alle inflessibili leggi del “mercato” (e le virgolette non sono affatto causali).

Tutto questo, a me, suona un po’ inquietante e sento il bisogno di capire di più, di capire meglio.

Per capire dobbiamo alzare lo sguardo e abbracciare almeno il contesto Europeo e, in particolare, ragionare sui recenti indirizzi di politica economica e finanziaria del continente di cui la nostra recente revisione dell’Articolo 81 non è altro che una semplice e meccanica applicazione.

Dobbiamo capire, ad esempio, che cos’è il Fiscal Compact e lo facciamo chiedendo aiuto a Wikipedia e alla rete:

Il Fiscal compact, formalmente Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria, noto anche come Patto di bilancio, è il trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell'unione economica e monetaria che è stato firmato il 2 marzo 2012 da 25 Stati dell'Unione europea.

Esso contiene una serie di regole, chiamate «regole d'oro», che sono vincolanti nell'UE per il principio dell'equilibrio di bilancio. Tutti gli stati membri dell'Unione europea hanno firmato il trattato il 2 marzo 2012 ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca. Il trattato entrerà in vigore il 1º gennaio 2013 se in quel momento almeno dodici membri della zona euro l'avranno ratificato.

I principali punti contenuti nei 16 articoli del trattato sono:

- l'impegno ad avere un deficit strutturale che non deve superare lo 0,5% del PIL e, per i paesi il cui debito è inferiore al 60% del PIL, l'1%;

- ogni stato deve garantire le correzioni automatiche quando non raggiunga gli obiettivi di bilancio concordati ed è obbligato ad agire con scadenze determinate;

- le nuove regole devono essere inserite preferibilmente in norme di tipo costituzionale o comunque nella legislazione nazionale;

- la Corte europea di giustizia verificherà che i paesi che hanno adottato il trattato l'abbiano trasposto nella legislazione nazionale;

- il deficit pubblico, come previsto dal Patto di stabilità e crescita, dovrà essere mantenuto sempre al di sotto del 3% del PIL; in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche;

- ci saranno almeno due vertici all'anno dei 17 leader dei paesi che adottano l'euro;

- il trattato intergovernativo entrerà in vigore quando sarà stato ratificato da almeno 12 dei paesi interessati.


Non tutti gli economisti (soprattutto quelli di scuola keynesiana) concordano sui vincoli imposti dal Fiscal compact.

I premi Nobel Kenneth Arrow, Peter Diamond, William Sharpe, Eric Maskin e Robert Solow, in un appello rivolto al presidente Obama, hanno affermato che «Inserire nella costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida. Aggiungere ulteriori restrizioni, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose»; soprattutto «avrebbe effetti perversi in caso di recessione. Nei momenti di difficoltà diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione. Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto». Nell'attuale fase dell'economia «è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa già di per sé debole». Nell'appello si afferma che «anche nei periodi di espansione dell'economia, un tetto rigido di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica, perché gli incrementi degli investimenti a elevata remunerazione - anche quelli interamente finanziati dall'aumento del gettito - sarebbero ritenuti incostituzionali se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo. Un tetto vincolante di spesa», poi, «comporterebbe la necessità, in caso di spese di emergenza (per esempio in caso di disastri naturali), di tagliare altri capitoli del bilancio mettendo in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza».

Critico anche l'economista e premio Nobel Paul Krugman, il quale ritiene che l'inserimento in costituzione del vincolo di pareggio del bilancio, possa portare alla dissoluzione dello stato sociale.

Un'altra “creatura” mitologia partorita dalla fervida immaginazione creatrice della nuova direzione economico/finanziaria dell’Europa è l’ E.S.M. o European Stability Mechanism:


L’ESM è un “meccanismo”, appunto, una sorta di “carrucola finanziaria”, che consente di drenare rapidamente liquidità dagli stati nazionali nel momento in cui uno degli stati membri si trovi nella necessità di accedere a finanziamenti che il mercato non è più disposto ad erogare. L’ ESM è, di fatto, un prestatore di ultima istanza con l’unica differenza che non è una banca centrale e quindi non può creare moneta dal nulla come può fare la BCE, ma può solo “drenare” risorse da tutto il sistema per convogliarle verso la Nazione in difficoltà e con meccanismi automatici, appunto.

L’ESM è una sorta di “FMI europeo”, insomma. E i paesi che richiedono l’intervento del ESM possono ottenere questi finanziamenti solo se hanno aderito al Fiscal Compact (altro punto di collegamento) e solo se sottoscrivono un ferreo impegno a praticare una rigidissima e severissima politica economica dettata dall’ESM per conto dei paesi creditori.

Il collegamento tra Fiscal Compact e ESM è molto stretto perché i due trattati sono complementari e si bilanciano a vicenda, come due piatti di una bilancia in perfetto equilibrio.

Il Fiscal Compact fissa i vincoli della politica di bilancio di ciascun paese (e quindi, indirettamente, della politica fiscale) mentre l’ESM agisce come una sorta di “deus ex machina” per “salvare” paesi che non ce la fanno a rispettare i patti e si avvitano nella spirale del debito fino al punto in cui devono necessariamente ricorrere ad un prestatore di ultima istanza (l’ESM, appunto) che, a quel punto, ha il potere sovrano di imporre qualsiasi politica di risanamento al malcapitato paese scavalcando – di fatto – la sovranità popolare.

Tutto questo è un Piano diabolico ordito alle spalle della popolazione europea ?

Non lo so. Dico solo che dopo aver, di fatto, “ratificato” il Fiscal Compact attraverso la riformulazione dell'Articolo 81, con una maggioranza bulgara e bi-partisan e senza interpellare la volontà popolare attraverso il referendum, il nostro “parlamento” si accinge ora a ratificare anche il trattato dell’ESM.

Per aderire al ESM, l’Italia deve contribuire, complessivamente, per 125 MLD di euro. Nel 2012, da luglio a ottobre, deve versare 5,7 MLD di euro. Dove prenderemo questi soldi ? Semplice: emettendo nuovi titoli di debito, non previsti dal piano annuale delle emissioni e, quindi, andando in deroga al patto di stabilità e, forse, anche all'Articolo 81.

Siamo ancora in tempo per muovere, dal basso, una energica campagna di informazione e pretendere che sia il Popolo sovrano a decidere se aderire o meno a questo trattato dai contorni molto opachi.


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Dal testo del DDL n.3240 (ratifica del MES):

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La disposizione autorizza la contribuzione italiana finalizzata alla sottoscrizione
del capitale per la partecipazione del Meccanismo europeo di stabilità (MES), in attuazione del Trattato istitutivo. La predetta partecipazione è articolata in un apporto iniziale, suddiviso in 5 rate, ciascuna delle quali quantificabile, per l’Italia, in circa in 2,866 miliardi di euro, e in ulteriori apporti a chiamata. Le prime due rate, vista la decisione dei Capi di Stato e di governo dell’Area euro di anticipare al 1º luglio 2012 l’entrata in vigore del Trattato e l’istituzione del MES, dovranno essere versate entro il 2012. Il versamento della prima, in particolare, e` previsto entro il prossimo mese di luglio, mentre la seconda può essere immaginata intorno a settembre-ottobre prossimi. Le risorse necessarie alle quote di contribuzione sono assicurate dal netto ricavo derivante da emissioni di titoli diStato a medio-lungo termine, aggiuntive rispetto a quelle previste nei documenti di finanza pubblica per il triennio 2012-2014. Di conseguenza, tali importi non sono computati nel limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio e nel livello massimo del ricorso al mercato stabilito dalla legge di stabilità. L’emissione dei titoli determina l’esigenza di fronteggiare un maggior fabbisogno in termini di interessi (valutabile per il 2012 prudenzialmente in circa 120 milioni di euro) che potrà essere assorbito dagli attuali stanziamenti a legislazione vigente, tenuto conto del trend dei tassi di interesse. Infatti, il miglioramento dei tassi delle emissioni collocate dall’inizio dell’anno ha già prodotto una riduzione della spesa per interessi (rispetto alle stime ufficiali di inizio dicembre 2011) di oltre 800 milioni di euro in termini di competenza economica SEC e di circa 2 miliardi di euro in termini di
cassa (fabbisogno del settore statale).
Al fine di garantire una sollecita partecipazione al capitale del MES, può essere autorizzato il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione potrà effettuarsi con l’emissione di ordini di pagamento sul pertinente capitolo di spesa.

>>

Sandro

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