mercoledì 11 aprile 2012

Venderò, Comprerò, Speculerò.


Da quello che ho letto e capito cercando su Internet e leggendo qualche testo (consiglio, a questo proposito, il bellissmo FinanzCapitalismo di Luciano Gallino), una delle più diffuse tipologie di titolo derivato ha la seguente forma:

D = <A, B, Q, X, P, T>

Dove:

A è un venditore
B è un acquirente
Q è una certa quantità (espressa in una certa unità di misura)
X è una certa "merce" (detta anche: sottostante)
P è il prezzo
T è la scadenza temporale (futura) del contratto

e si legge:

A si impegna a vendere a B la quantità Q della merce X al prezzo P entro il tempo T.

In pratica è la descrizione di una transazione economica futura (forse è per questo che li chiamano, in inglese, futures).

Una transazione della cosiddetta economia reale, quella in cui si parla di merce e di scambi di cose vere tra esseri umani veri in cambio di denaro vero.

E' la descrizione contrattualizzata di uno scambio che avverrà nel futuro ed esprime la certezza (leggi: il reciproco impegno) che, tra i due contraenti, si realizzerà una ben precisa transazione economica a condizioni certe ed entro un tempo perfettamente stabilito.

A cosa serve ?

Sostanzialmente a gestire e limitare il rischio e l'incertezza derivanti dalla volatilità dei prezzi.

Se io produco la merce X e, per produrla ho sostenuto un costo C, l'unica cosa di cui vorrei essere certo è quella di poter sempre trovare un acquirente (un cliente) disposto a comprare la mia merce ad un prezzo P maggiore di C e, auspicabilmente, molto maggiore di C.

Però non ho questa certezza e quindi, se decido di fare il produttore nella vita, corro inevitabilmente dei rischi.

Rischio perchè tra la produzione e la vendita passa un certo tempo, rischio perchè i costi sono certi e immediati mentre i ricavi sono incerti e futuri, rischio perchè la mia merce, oggi, ha un mercato mentre domani - quando avrò finito di produrla - questo mercato potrebbe non esserci più e la mia merce potrebbe essere stata sostituita da un nuovo tipo di merce più appetibile, più desiderabile, magari anche più economica.

Per questo è comodo e utile dotarsi di un contratto derivato perchè rende certa una transazione futura e azzera il rischio di chi produce oggi e non ha nessuna certezza di vendere domani.

Stai tranquillo, produci la tua merce, sostieni i tuoi costi, il contratto derivato che hai stipulato ti assicura che entro il tempo T esiste l'acquirente B disposto ad acquistare una quantità Q della tua merce X al prezzo P (maggiore dei costi che hai sostenuto).

Ci mettiamo d'accordo prima, insomma: io produco e tu mi aspetti e poi acquisti.

Non facciamo scherzi: patti chiari amicizia lunga !

Da questo punto di vista il derivato D = <A, B, Q, X, P, T> è una invenzione geniale è la manna dal cielo, ci fa dormire sogni tranquilli.

...

Ma, cosa succede se.... il derivato D diventa, esso stesso, una .... merce ?

Cosa succede se D inizia ad avere un suo mercato, ad essere scambiato, a passare di mano in mano, ad avere un prezzo e un valore tutto suo ?

Perchè io, che non sono nè AB (nè produttore nè acquirente) dovrei essere interessato ad acquistare il titolo D che non mi riguarda ?

Forse perchè ho studiato l'andamento del prezzo di X ed ho capito che mi conviene iniziare a speculare !

Ad esempio noto che l'andamento del prezzo di X è, da molto tempo, sempre calante nel tempo, continua a scendere e non accenna a fermarsi.

E, ad un certo punto scende sotto il valore P (il prezzo fissato dal titolo derivato).

Cosa mi conviene fare a questo punto ?

Potrei acquistare una certa quantità Q della merce X diciamo al prezzo Pa ( minore di P ) e contemporaneamente acquistare il titolo derivato D in qualità di venditore (A) pagandolo un prezzo Pd (non compro solo la merce X ma anche il titolo D).

Il tutto mi costa una cerca cifra C (che magari non possiedo neanche e quindi mi faccio prestare da una Banca ad un certo tasso di interesse ma ... semplifichiamo per il momento !):

C = Pa x Q +Pd

La cifra C, per opportuni valori di Pa e Pd è sicuramente minore del valore espresso dal contratto derivato

V =  P x Q

che esprime il valore della vendita che il contratto D mi garantisce di poter effettuare entro il tempo T.

Poi non faccio altro che aspettare che passi il tempo.

Aspetto che arrivi la data di scandeza T scritta sul contratto derivato.

Il prezzo della merce X, a quel punto, può fare quello che vuole: può anche continuare a crollare e diventare anche negativo. Non mi interessa: perchè io ho acquistato al prezzo Pa (minore di P) e sono certo di poter rivendere al prezzo P che è maggiore di Pa.

Ed è tanto maggiore da riuscire a coprire anche il costo del titolo derivato Pd che mi garantisce proprio la certezza di poter vendere la mia merce al prezzo P.

Ecco dunque il mio "meritatissimo" ricavo:

R = V - C = P x Q - Pa x Q - Pd = Q x (P - Pa) - Pd

che è positivo se:

Pd  < Q x (P - Pa)

cioè se il prezzo del contratto derivato è minore del ricavo lordo.

Insomma, grazie al mercato dei derivati, mi sono procurato un ricavo certo, esente da rischi, senza produrre niente, semplicemente giocando sull'andamento dei prezzi.

Il gioco (e credo che quello descritto sia uno dei più semplici, dei più banali che possano venire in mente) funziona perchè tutto ha un prezzo, anche il titolo D che non è una merce.

Si chiama speculazione. E l'esistenza di un "mercato" (parallelo, virtuale, sovrastrutturale) dei derivati la rende possibile.

Se non esistesse il Mercato dei Derivati ma questi tornassero ad essere dei "semplici" CONTRATTI stipulati tra chi produce e chi acquista e se questi contratti non fossero cedibili a terzi ma utilizzabili solo dai soggetti realmente coinvolti nella transazione economica sottostante, non ci sarebbe più la speculazione.

A chi giova mantenere vivo e vegeto il MERCATO dei derivati ?

A chi produce, a chi acquista o a chi specula sulle spalle dei primi due ?

1 commento:

  1. Aggiungo qualche utile link di approfondimento:

    http://www.economy2050.it/2012/commodities-derivati-dodd-frank-materie-prime-speculazione/

    http://www.economy2050.com/2011/10/gli-indiani-tracciano-la-strada-e.html

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