sabato 24 marzo 2012

Sotto assedio


Aneddoto nr. 1

Oggi ho il giusto tempo per andare in banca e chiudere quella benedetta pratica. Entro con la solita borsa che non ama il metal detector. Nonostante la voce metallica mi intimi di uscire rimango dentro la capsula di ingresso. Dopo poco mi aprono. 

Nel tempo lo spazio per il cliente è diventato sempre più stretto. Sono aumentati tutti quei macchinari che ti consentono di fare da solo, da quando l’operatore è diventato meno indispensabile. Quelli per intenderci che si piantano a metà dell’operazione e devi scegliere se andare a disturbare l’unico impiegato dello sportello che ha una fila interminabile oppure rinunciare e inserirti nella fila. 

Oggi lo sportello non mi interessa: devo andare dall’impiegata, si tratta di apporre le solite due firme, quelle apposte sotto le lunghissime pagine scritte in carattere minuscolo (chissà cosa ci sarà scritto?). 

L’impiegata è occupata. Ad attendere prima di me c’è una signora  intorno ai sessanta, piccola e robusta, vestita di scuro. Quando entro si alza in piedi, lascia una delle tre poltrone poste proprio sotto gli sportelli. Io mi appoggio allo sportello per tirare fuori i documenti. Passa un po’ di tempo. La signora si risiede. La guardo e le chiedo se deve andare dalla stessa impiegata. Mi dice di sì, allora mi siedo.

La pratica della signora che stiamo attendendo va per le lunghe. Si parla di appartamenti, successioni, notati e avvocati. Arriva il direttore. E’ una strana coincidenza: quando si parla di importi abbastanza importanti da incassare o investire vedo che il direttore è sempre in affiancamento alle impiegate. Per il resto le attese sono lunghe e nessuno sembra accorgersi delle attese della clientela.

Quando la signora si alza l’impiegata esce e lì in piedi di fronte a tutti le fa le condoglianze e le dice “forza”, baciandola. E’ un momento di “umanità” destabilizzante. La signora prende il gancio e comincia a descrivere le sue difficoltà ed emozioni. Non si sente per fortuna, ma si intuisce che dica cose difficili. Nessuno di noi in attesa mostra impazienza, restiamo seduti ognuno al proprio posto.

La signora saluta ed esce. Entra l’altra signora quella in fila prima di me. L’ufficio appartato tramite un separè lascia sentire parte delle parole. Dopo un po’ la conversazione diventa più chiara. 

L’impiegata dice: “Lei accredita qui la sua pensione?”. “No” risponde la cliente titubante, la prendo alle poste. “Ah, perché noi abbiamo delle offerte che le consentono di risparmiare fino a 50/100 euro al mese”. “Sa, perché oggigiorno, proprio per le difficoltà che ci sono avere un piccolo salvadanaio… non dico che si buttano i soldi… ma a volte non ci si fa caso….”. La signora risponde “ma si…in effetti… per l’altro l’avevamo fatto”. Il senso di colpa cresce. “Ma vuole fare una sorpresa a suo marito e glielo fa lei?”. “Ah vuole parlarne con suo marito, certo, certo…”. 

Dopo poco la signora esce, sembra liberata, scappata, da una situazione critica. Mi dice “Ho fatto presto ha visto?”. C’è una complicità tra noi, come tra pazienti che devono fare la stessa operazione. 

La guardo uscire nella sua semplicità, e immagino la sua  famiglia, con la pensione del marito ritirata alle poste, contata a casa fino all’ultimo centesimo, e   gli acquisti al mercato, utili e necessari, gia saggi e oculati. 

Per questa volta ce l’ha fatta. E’ scampata all’assedio dei venditori!

Aneddoto nr. 2

Di nuovo quel dolore. Sono tre mesi che lo combatto. All’inizio pensi che forse hai mangiato un po’ velocemente e forse non hai digerito bene. Forse è forma influenzale, sta girando la gastroenterite. Si prolunga un po’. Per fortuna in casa hai un sacco di medicine per il reflusso: è un male “familiare”. Così vai avanti, prendendo antiacidi, fermenti lattici, togliendo il caffè, che era l’unico vizio che ti concedevi. Sarà un po’ di stress. Tanto lo stress c’è sempre. E’ un po’ come il discorso dei denti nei bimbi piccoli, entrano sempre in scena qualsiasi cosa abbia il bambino, coliche, mal di pancia, febbre, pianti. Così sarà un po’ di stress.

Comunque non è un periodo particolarmente stressante. Ma facciamo finta che sia così. Di notte il dolore aumenta, diventa un po’ più forte. Sono stanca di combattere frontalmente i dolori. Ho deciso che stavolta gli do il tempo di togliere il disturbo, il dolore va e viene. 

Dopo 3 mesi decido di andare dal medico base. E’ una scelta che rimando sempre: di solito esco con una vagonata di medicine omeopatiche che dopo due settimane cestino e con l’impegno di tornare per fare le punture a pagamento che lui fa per togliere il dolore alla maggior parte dei suoi pazienti. 

E’ una pressione anche questa: essere una paziente sana è quasi una colpa e quindi ogni volta rimando. Il dottore questa volta mi dà direttamente un altro antiacido e mi prescrive raggi esofago e stomaco con doppio contrasto. 

Vado in farmacia a prenotare. Il primo appuntamento utile è per luglio 2012. E’ andata anche bene: l’ecografia al seno è per febbraio 2013. Il problema è che attendere tutti questi mesi mi sembra troppo. Nel frattempo che faccio? Provo la fatidica domanda: "e a pagamento?". Mi dice: “proviamo a vedere…. "Alle 8 di martedi della prossima settimana.” E quanto costa? “131 euro”. 

Ci penso… ho la fila dietro. Se avesse messo urgente, forse non ci sarebbe un’attesa così. Ma sono urgente? Ci saranno persone che stanno peggio immagino. 

La scelta è un po’ ingrata: attendere? Ne avrei bisogno però…. Decido di accettare. Penso che rimanderò l’altra visita, quella di controllo dentistico, che avevo già fissato. Due visite cosi in un mese sono il terzo del mio stipendio.

La scelta, per me, è ancora una scelta. 

Per qualcuno il problema non esiste: clinica privata oppure telefonata diretta al primario amico. 

Per altri ancora la scelta è obbligata: attendere, e sperare che non eri tu quella urgente!

Silvia.

3 commenti:

  1. Più che sulla la gravosa inefficienza del SSN e la rapacità delle banche la mia attenzione è stata attratta dalla mortificante condizione di una donna, Silvia, che guadagna poco più di 700 euro al mese: una vera offesa all'intelligenza e alla cultura.

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    1. Ad onor del vero, devo dire che attualmente ho un contratto di lavoro part-time e quindi il dato che tu evidenzi è un po' meno eclatante.

      Grazie per il commento

      Silvia.

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  2. Mi fa piacere apprendere che non sei tra l'esercito degli sfruttati, e voglio sperare che il tuo part-time sia una scelta e non un ripiego coatto.
    E ora consentimi una battuta: per part-time intendiamo entrambi un periodo di 4 ore? Te lo chiedo perchè se fosse di un'ora la tua prestazione ,il trattamento economico sarebbe molto poco offensivo.
    Battuta a parte colgo l'occasione per complimentarmi con te per la tua bella prosa che per la seconda volta ho letto con molto piacere.
    Un cordiale saluto.

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