Traduco nel mio solito "linguaggio terra-terra": la finanza mette "paura" ai Governi delle Nazioni e questi allora reagiscono facendo le riforme che si attuano con la facile ricetta dell'aumento delle imposte (es: benzina e gasolio), ricetta che, in Italia ad esempio, grava soprattutto (per non dire solo !) sui soliti noti (lavoratori pubblici salariati, operai, pensionati...), visto anche l'immane buco causato dall'evasione fiscale (nel solo 2010 redditi non dichiarati per 49 miliardi di euro, vedi qui che dubito siano imputabili all'evasione dei lavoratori pubblici salariati, operai, salariati...).
E poi, soprattutto: liberalizzare, liberalizzare, liberalizzare. Attenzione: non sto certamente parlando della sacrosanta esigenza di allargare il parco della fruibilità di alcuni beni e servizi per i cittadini (prodotti farmaceutici, taxi, servizi notarili...), fortemente avversata dalle lobbies dei vari potentati interessati, e sul quale si sta discutendo in Italia da qualche settimana: sto evidentemente parlando del disegno, neanche tanto nascosto, di mettere mano alle "public utilities" o servizi di pubblica utilità pubblici, come discuteva Sandro nell'ultimo post (qui ).
Ormai è un tormentone: sono solo le liberalizzazioni (traduzione: privatizzazioni) dei servizi pubblici che potranno far riprendere l'economia. E, come conseguenza, bisognerà ancor di più tagliare i sistemi pubblici di protezione sociale per i cittadini per trasformarli sempre più, in servizi "privati" di protezione sociale. Servizi che dovranno quindi operare in un'ottica di "fare business" più che per offrire un servizio a tutti i cittadini (sottolineo: a tutti). E questa logica, mi viene da credere, si applicherà un po' a tutte le tematiche, dalla distribuzione dell'acqua, alla salvaguardia della salute, alla scuola, ai trasporti....
Scrive Luciano Gallino, sul già citato libro FinanzCapitalismo a pag. 123: "...per loro natura il finanzcapitalismo e l'ideologia che lo legittima sono fieri nemici dei sistemi pubblici di protezione sociale....La ragione pare evidente. Entro i sistemi stessi a cominciare dalle pensioni e dalla sanità, circolano capitali dell'ordine di "trilioni" di dollari o euro. Se si potesse privatizzarli in misura pressoché totale si aprirebbe un terreno amplissimo per le attività e i profitti di ogni genere di istituzione finanziaria...".
In pratica questo sta già accadendo da tempo: le grandi Organizzazioni internazionali (OCSE, FMI, Commissione Europea) stanno spingendo le loro richieste ai Governi affinché privatizzino di più i servizi di utilità pubblica, motivando tale necessità con la (per altro reale) difficile sostenibilità economica degli stessi.
Sicuramente tali servizi sono molto costosi e gravano sui conti pubblici, però non sembra corretto, come fa notare il Prof. Gallino, utilizzare il tema dei bilanci pubblici come arma contro i servizi pubblici resi ai cittadini, dal momento che la causa reale del problema va ascritta alla politica economica del neoliberilismo e alla fortissima speculazione finanziaria, che ha privilegiato tagliare le imposte ai grandi potentati economici privati piuttosto che, ad esempio, aumentare, o quanto meno salvaguardare, i salari dei lavoratori, salari che da anni non aumentano neppure di un euro. Fenomeno questo che sta accadendo in tutta Europa, non certo solo in Italia, vedi qui, e qui ad esempio.
C'è da chiedersi poi, razionalmente, come possano i cittadini pagare più tasse a fronte di un blocco dei salari. La risposta è evidente: con l'aumento della povertà. In Italia, ad esempio, nell'ultimo anno il numero dei poveri è aumentato di 560mila unità, vedi qui ).
Al contrario di aumentare i salari ai cittadini, negli ultimi anni in Europa, come negli Stati Uniti, le aliquote fiscali sulle imprese sono state pesantemente ridotte, e invece si sono tagliati i servizi pubblici, per proteggere le istituzioni finanziarie. Scrive sempre il Prof. Gallino sul libro citato, pag. 125: "....come primo passo, molti governi hanno deciso che, considerate da un lato le elevatissime spese effettuate per proteggere le istituzioni finanziarie, dall'altro la crescente incidenza dei sistemi pubblici sul PIL, occorreva tagliare come prima cosa le prestazioni erogate da questi ultimi".
Per parlare di casa nostra, in Italia abbiamo assistito in questi ultimi anni ad una progressiva riduzione dei trasferimenti dello Stato agli enti territoriali, che garantiscono i servizi di utilità pubblica ai cittadini, producendo un peggioramento in tantissimi settori: nei trasporti (guarda ad esempio qui), nelle scuole (nidi, asili, guarda qui) dove si rileva una riduzione del 66% negli stanziamenti tra il 2001 e il 2011 (da 259 milioni di euro del 2001 a 87 milioni di euro del 2011 !), una contrazione delle attività culturali, dove si rileva tra il 2010 e il 2011 una contrazione del 14 per cento, vedi qui) , nella manutenzione delle strade...
Chiaramente i tagli ai servici pubblici non causeranno gravi problemi alle classi più abbienti, che potranno sempre usufruire di ottime strutture private per mandare a scuola i loro figli, o per curare i loro malanni. O che non avranno certo il problema dei pendolari...Tali tagli peseranno sulle persone meno abbienti, sulle famiglie mono-reddito sulle quali magari pesa un mutuo per una casa da finire di pagare, a pensionati, a coloro che hanno perso il lavoro. Si potrebbe continuare, la fila è lunga...
A questo punto, mi verrebbe da chiedere al dott. Draghi: non teme che continuando con queste politiche neo-liberiste, con questo finanzcapitalismo senza freni, il reale "spread" che crescerà sarà quello tra ricchi e poveri, piuttosto che quello tra i titoli italiani e quelli tedeschi ?
Non è che anche di questo "spread" si dovrebbero iniziare a preoccupare i Governi europei ? E, allargando lo sguardo, quelli dei ricchi e "decadenti" paesi occidentali ?
Verso quale modello di società stiamo precipitando ?
La bolla finanziaria, per potersi sostenere nel tempo, deve crescere PIU' VELOCEMENTE della crescita della ricchezza reale !
RispondiElimina(vedi http://www.debtdeflation.com/blogs/2012/01/28/economics-in-the-age-of-deleveraging/ )
Per questo motivo tutte le "sacche" residue di economia "pubblica" (le industrie di Stato, nel 1992, le Public utilities nel 2012) devono essere "saccheggiate" perchè rappresentano gli ultimi avamposti in cui la speculazione non è ancora entrata.
Si tratta di industrie e di servizi che richiedono massicci investimenti, certamente, ma garantiscono anche un notevole "ritorno" sottoforma di DIVIDENDI che consentono al "capitale" (privato) di continuare a remunerarsi.
La domanda è: quando sarà finito anche questo ultimo saccheggio e non rimarrà più nulla da saccheggiare, cosa succederà ? Dove si orienterà l'appetito della speculazione ?
E' lecito pensare al peggio, ormai...
E' tutto calcolato nei minimi dettagli.
EliminaGli ingenti investimenti necessari per mettere in piedi tali industrie se li possono (potevano) permettere solo gli Stati.
I privati, in questi contesti, entrano sempre con la scusa delle incapacità gestionali (ieri) e dei problemi di bilancio (oggi).
La linea di continuità per la privatizzazione mascherata da liberalizzazione sarà la sempre stessa: la svendita.
Vi ricordate le privatizzazioni fatte dal 1992 in poi? A quanto ammontava il valore reale di quelle aziende pubbliche e il prezzo di realizzo a cui sono state cedute?
A quel punto, una volta subentrati, si tratta solo di ordinaria amministrazione.
Ora non ho il tempo materiale - e me ne scuso - per suffragare queste provocazioni con i dati. Tuttavia, in rete si trovano senza troppi problemi.
Ah, dimenticavo. Un altro fattor comune tra le privatizzazioni degli anni '90 e quelle che verrano a breve esiste ed ha un nome: Mario Draghi.