mercoledì 28 settembre 2011

Dove è finito il nostro debito estero ?


Come molti altri paesi europei, l'Italia ha intrapreso da tempo un massiccio programma di finanziamento del proprio debito pubblico sul mercato estero.

Secondo uno studio ADUSBEF del 2006 basato su dati ufficiali di Bankitalia, dal '91 al '95 il debito estero italiano è aumentato dal 5,99% al 53,31% realizzando una profonda mutazione della struttura e della composizione del debito che ha ormai perso definitivamente i connotati rassicuranti di un debito tutto "domestico" (le brave famiglie italiane che prestano soldi allo stato...).

Il sito ufficiale del Dipartimento del Tesoro descrive in questo modo la strategia di emissione sui mercati internazionali


che si articola in tre distinti programmi di emissione tra cui spicca il Programma Global Bond:


Nella descrizione del suddetto programma troviamo scritto:

<<
La Repubblica ha recentemente ampliato i lead manager del Programma, scegliendoli tra le più importanti banche di investimento specialiste in titoli di Stato: Bank of America-Merrill Lynch Barclays, BNP Paribas, Citi, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, HSBC, JP Morgan, , Morgan Stanley, Royal Bank of Scotland e UBS.
>> 

A questo punto diventa interessante capire un po' di più come funziona il "gioco" e, magari, riuscire a seguire il filo di arianna che ci porta verso gli attuali detentori dei titoli di debito collocati al di fuori dei confini nazionali.

Per giungere ad un quadro completo ed esaustivo, si dovrebbe eseguire un vero e proprio audit del debito,  affidando l'incarico ad una commissione di esperti costituita ufficialmente in seno al parlamento (sarebbe un gesto di grande trasparenza nei confronti dei cittadini che sono chiamati a pagare di tasca propria).

In attesa che i nostri rappresentanti a Roma smettano di accapigliarsi nei talk-show televisivi e si decidano ad istituire questa commissione, voglio vedere se da solo riesco a rispondere ad alcune domande utilizzando la rete.

Domande:


1. che ruolo ha il "lead manager" nel processo di collocamento ?

2. quanti e quali titoli sono in circolazione ?

3. chi sono gli attuali detentori di questi titoli ?


Risposte che ho trovato in rete:

Il lead manager, in un programma di emissione di eurobond, è una banca o una istituzione finanziaria che gode di elevato prestigio ed esperienza nei mercati finanziari internazionali e conduce, in prima persona, le operazioni di collocamento delle obbligazioni presso gli investitori privati.

Il lead manager procede alla definizione delle caratteristiche dei titoli (rendimento, scadenza, valuta, prezzo di emissione) e alla formazione di un consorzio di banche in grado di collocare l'emissione.

Un ruolo chiave, direi.

Mi chiedo quali sono i criteri che conducono alla scelta del lead manager per le singole emissioni e se tali criteri hanno una evidenza pubblica e trasparente (confesso di non ho trovato nessun riferimento in tal senso ma forse ho cercato nel posto sbagliato).

Per quanto riguarda la composizione di tutti titoli esteri già emessi, ho trovato invece questo utile documento, sempre dal sito del Dipartimento del Tesoro,


che riporta gli estremi di ogni singola emissione dall'inizio dei programmi fino al 30 giugno 2011.

Scorrendo la lista osserviamo che le emissioni più vecchie risalgono al 1993 e prevedono, in alcuni casi, un tasso di interesse superiore al 6% (i tassi a cui siamo arrivati in questi giorni grazie ai ripetuti attacchi speculativi).

Per cercare di rispondere alla terza e più difficile domanda ("chi ha in mano, oggi, questi titoli di debito?") non vedo altra strada se non quella di eseguire ricerche specifiche su ciascun titolo emesso.

Provo a cercare su google il primo titolo della lista identificato dal codice ISIN US465410AH18, emesso il 27/09/1993 con scadenza 27/09/2023 del valore di 3,5 miliardi di Dollari USA e con un tasso di interesse (cedola) del 6,875%

A questo punto vengo travolto da una valanga di informazioni e dati, quotazioni in tempo reale, complicate schede "prodotto"... e, ben presto, getto la spugna !

Qualcuno di voi è in grado di fare un passo avanti nella ricerca o di suggerire un metodo alternativo ?

Penso che ne valga la pena.

...

Ricordiamoci sempre che i nostri "politici" ci stanno chiedendo di sopportare enormi sacrifici (personali, familiari, collettivi) giustificando tale richiesta con la ormai irrinunciabile necessità di ridurre il debito pubblico accumulato, soprattutto verso gli investitori stranieri (che hanno in mano più della metà del debito complessivo).

Prima di accettare passivamente questi dolorosi sacrifici abbiamo il diritto/dovere di sapere che cos'è il debito e chi sono i nostri creditori.

4 commenti:

  1. Prima dell'Islanda, l'Ecuador:
    http://www.youtube.com/watch?v=Z4pk0jq1IMg

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  2. Articolo molto interessante, Sandro.
    Pero' a me piace vedere da un'altra prospettiva lo stato attuale dalle cose. Sicuramente l'aspetto finanziario ha la sua importanza, ma mi chiedo, che cosa ne e' dell'economia 'reale'?
    Io mi chiederei quanta della nostra produzione di beni e/o servizi sia finita all'estero.
    Cioe' secondo te possiamo trovare da qualche parte la variazione nel tempo della quantità di PIL che se ne' andata all'estero alla ricerca di condizione piu' 'vantaggiose' di produzione? Perche' dal mio punto di vista la crisi che stiamo vivendo e' la logica conseguenza del processo di delocalizzazione delle aziende (medie? grandi?) nei paesi 'emergenti' che ha portato alla 'rottura' del ciclo della produzione e del reddito.
    In soldoni un produttore usa la forza lavoro per creare i beni e servizi e per questa la stessa riceve un reddito. Il salario/reddito viene quindi usato per acquistare la produzione da parte delle 'famiglie'. Il mantenimento di un livello di consumo fornisce le risorse per alimentare nuova produzione et cetera...
    Un ciclo appunto. Ma cosa succede se parte della produzione viene spostata? Succede che il reddito da lavoro si sposta di conseguenza, innescando un feed back negativo su tutto il sistema. Meno produzione -> meno reddito -> meno consumi-> meno produzione ...
    Mi ricordo che nell'anno 2008 dei crack clamorosi delle banche d'affari americane risulto' che i prodotti finanziari rivelatisi farlocchi avevano in se' delle componenti legate al mutui accesi dalla working class!
    Per cui il dilemma: e' il debito degli stati l'origine della crisi o e' la globalizzazione deregolata? Io propenderei per la seconda...

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  3. Bello spunto Valter, ti ringrazio. E non è affatto facile risponderti.
    Il meccaniscmo del denaro-debito è perverso perchè crea una irreale situazione di costante dis-equilibrio innescando processi di crescita esponenziale del debito (in primis) e - quindi - della pressione fiscale e, quindi, del costo del lavoro. Il sistema del denaro-debito regge questa spinta esponeziale dei costi fino a che riesce ad alimentare una parallela crescita dei ricavi (pil) sostenuta da una adeguata crescita dei consumi. Poichè esiste un limite fisico alla curva della crescita dal momento che esiste un limite fisico alla curva della domanda (determinata dalla velocità massima di rotazione dei beni e servizi scambiati all'interno della comunità economica) la curva della crescita ad un certo punto si arresta e non riesce più a sostenere la curva del debito che - invece - ha la singolare caratteristica di non fermarsi mai essendo governate dalla semplice e implacabile legge matematica degli interessi composti. Quando il sistema giunge al punto di saturazione della domanda le aziende, per sopravvivere, sono costrette a delocalizzare per poter ridurre i costi di produzione (e quindi i prezzi di vendita) e tornare a competere oppure le aziende "sane" sono "maggiormente tentate" di massimizzare ulteriormente i ricavi e i margini trovandosi nelle condizioni di poter sempre più facilmente reperire sul mercato globale un costo del lavoro più vantaggioso di quello locale.
    Se gli stati non dovessero onorare la servitù del debito potrebbero mantenere bassa e costante la pressione fiscale (quanto basta per coprire i costi di funzionamento dell'apparato amministrativo e garantire l'erogazione dei servizi pubblici essenziali) e smetterebbero di togliere progressivamente competitività al lavoro e alle imprese.
    Ogni Nazione compie questo ciclo di espansione-saturazione-crollo ma su scale temporali differenziate e in punti diversi sull'asse dei tempi cosicchè per una nazione che si trova nella fase di espansione iniziale (basso costo del lavoro, domanda crescente, produzione crescente) esiste sempre un'altra nazione che si trova nella fase finale del ciclo (alto costo del lavoro, domanda calante, produzione calante) cosicchè è sempre possibile trasferire i fattori produttivi (il lavoro) sulla nazione in crescita determinando il crollo delle nazioni sature a cui si sottrae il lavoro e quindi a domanda e quindi il pil e che sono, per giunta, sommerse dal debito. Dopo il crollo e la rovina, la Nazione-fenice rinasce dalle sue ceneri (vedi il caso della Argentina o, prima ancora, della Russia) e ricomincia un nuovo ciclo forzosamente espansivo determinato di nuovo dal meccaniscmo degli interessi composti sul debito.
    Conclusione: togli il debito, togli l'interesse e il sistema economico, come qualsiasi sistema dinamico non soggetto a forze esterne, inizia naturalmente ad oscillare attorno ad un punto di equilibrio.
    L'interesse sul debito si comporta come una forza esterna che spinge costantemente un oscillatore armonico lontano dal suo punto di equilibrio fino al momento in cui la molla si spezza.

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  4. aggiungo questa ulteriore domanda: la banca d'italia detiene la quarta riserva aurea del mondo, perchè non ne vende un pò per comprare i titoli di stato che stanno pericolosamente fluttuando sul mercato estero? La speculazione sul tasso di interesse smetterebbe all'istante, o no?

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