venerdì 4 ottobre 2013

Analogie e differenze...


Ecco, un'altra tragedia si è abbattuta poco lontano dalle nostre case. I morti di Lampedusa sono di fronte a noi, di fronte alle nostre coscienze. Abbiamo tante volte scritto in questo blog che così non può andare avanti, che il mondo sta scoppiando, che le disuguaglianze non possono andare oltre un limite. L'immagine nel post è quella degli emigrati in Italia all'inizio del '900. Quelli erano i nostri bis-bis-nonni. Cosa si vede in quella foto ? Si vede tanta povera gente accatastata, che viaggiava in terza classe in quelle navi enormi che solcavano l'Atlantico,  che cercava un futuro nell'altra parte del mondo. Gente che lasciava casa, amicizie, storia, parenti, beni, sapori,...per avere un futuro.  Per sperare di avere un futuro. E quegli essere umani sono stati accettati in quel nuovo mondo, sicuramente subendo umiliazioni. Se si visita Ellis Island, a New York, se ne ha una immediata percezione, di quelle umiliazioni. Tuttavia sono arrivati, sono stati accolti e molti, moltissimi, forse tutti quelli che sono arrivati hanno avuto un futuro. 

Ci sono analogie e parecchie differenze, tra quella situazione e quella di oggi.

Prima fuggivano gli italiani, gli irlandesi, i poveri greci, adesso fuggono i popoli del Nord Africa per arrivare in Europa. Poverissimi che non hanno lavoro, dove l'acqua scarseggia, dove i bambini  ancora muoiono per malattie da noi oramai scomparse da anni...Queste povere persone preferiscono partire dai loro villaggi, attraversare il deserto, soffrire e morire, durante il viaggio. Soffrire e morire per gli stenti, accatastati in 500 su barconi che potrebbero portarne 15. Peggio, mille volte peggio di quanto accadeva 100 anni fa ! Uomini, donne, anziani, bambini. Fuggiti con la speranza di trovare dei Paesi amici che potessero dar loro un futuro. E invece muoiono. Annegati. 

E noi, adesso ? Una settimana, un mese di cordoglio. Lutto nazionale. E poi si ricomincia.

Analogie e differenze...

Chissà, forse oggi Primo Levi scriverebbe una nuova versione della sua meravigliosa poesia che è l'incipit del suo libro "Se Questo è un Uomo". Perchè quella poesia è la rappresentazione della crudeltà umana che si rigenera sempre, come la zizzania nel campo di grano, ogni volta assumendo forme diverse, ma mantenendo se stessa. E senza che gli uomini possano mai imparare dagli errori del passato, per dare una nuova direzione al loro futuro.  



Noi che viviamo sicuri
nelle nostre tiepide case, 
noi che troviamo tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Consideriamo se questo è un uomo

che naviga con altri mille in un mare in tempesta
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un po' d’acqua.

Consideriamo se questa è una donna,
senza forza e senza più nome
senza più voglia di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.

Meditate che questo è accaduto adesso 
e questo accadrà ancora:
comandiamoci queste parole.
Scolpiamole nel nostro cuore
stando in casa e andando per via,
coricandoci, alzandoci.

Ripetiamolo ai nostri figli.
O ci si rompa la casa,
la malattia ci impedisca,
i nostri nati torcano il viso da noi.


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