sabato 6 ottobre 2012

Pesi e contrappesi


Immaginiamo due Paesi (quindi due Nazioni e due Stati) indipendenti e sovrani.

Chiamiamoli: Paese del nord e Paese del sud.

Questi due paesi usano due monete sovrane, distinte e separate: la moneta del nord (il nordino) e la moneta del sud (il sudino).

Il tasso di cambio tra moneta del nord e moneta del sud è pari a 1, cioè sussiste la parità del cambio.


1 nordino = 1 sudino.

Bene.

Ora immaginiamo che in entrambi i paesi si produca un solo bene, un solo prodotto P.

Immaginiamo che tra questi due paesi ci sia un regime di libero scambio, senza nessuna barriera doganale cioè: i due paese costituiscono un mercato unico.

Questo implica che i cittadini del nord possono acquistare liberamente il prodotti del sud e i cittadini del sud possono acquistare liberamente i prodotti del nord.

Ora supponiamo anche che tra i due paesi ci siano le medesime condizioni salariali. Cioè gli operai del nord (che producono il prodotto P) prendono esattamente lo stesso salario degli operai del sud (per produrre il medesimo prodotto P).

L'identità del regime salariale e, supponiamo, anche la medesima dotazione di impianti e organizzazione, fa si che in entrambi i paesi il costo del lavoro incida per la medesima quota percentuale sul prezzo del prodotto.

Supponiamo che i due paesi producano entrambi 100 unità di prodotto all'anno e che, per entrambi, il costo totale del lavoro sia pari a L il che implica un costo del lavoro per unità di prodotto pari a L/100 per entrambi i paesi.

In questa situazione entrambi i paesi espongono lo stesso prezzo per il prodotto P e si dividono equamente il mercato complessivo composto da tutti i cittadini dei due paesi messi assieme.

Diciamo che siamo in una situazione di equilibrio.

Adesso supponiamo che il paese del nord riesca (magicamente) ad effettuare un INVESTIMENTO in tecnologia e in organizzazione che gli consente di riuscire a produrre - CON LA STESSA FORZA LAVORO - una quantità doppia di prodotto.

Il costo del lavoro per unità di prodotto scende al valore L/200 nel paese del nord mentre nel paese del sud rimane fermo al valore (più alto) L/100.

L'equilibrio si è spezzato e l'economia del paese del nord inizia a crescere a scapito della economia del sud.

Perchè grazie alla sua maggiore produttività, il paese del nord riesce ad abbassare il PREZZO del prodotto P rendendolo più competitivo rispetto al medesimo prodotto del sud.

Ecco che i cittadini, del nord e del sud, iniziano ad acquistare solo i prodotti del nord, perchè questi hanno un prezzo minore.

Le industrie del sud diminuiscono le vendite, perdono clienti e si avviano verso il declino.

Per recuperare le quote di mercato, le industrie del sud dovrebbero colmare il gap di produttività e competitività effettuando - anche loro - i necessari investimenti nelle nuove tecnologie e nelle nuove forme organizzative capaci di innalzare la produttività mantenendo inalterato il costo del lavoro complessivo.

Ma questa è una strategia strutturale che richiede un certo tempo durante il quale il gap tra il nord "produttivo" e il sud "arretrato" si accentua e diventa sempre più profondo mettendo in sempre maggiore difficoltà l'industria del sud che continua a perdere quote di mercato.

Che fare dunque per tamponare, nel breve termine, gli effetti di questo SQUILIBRIO di competitività e consentire un ri-equilibrio strutturale di lungo termine ?

Nel breve ci sono due azioni possibili:

1) svalutare i salari: cioè pagare di meno gli operai perchè producano la stessa quantità di prodotti o anche quantità maggiori

oppure

2) svalutare la moneta: per favorire le esportazioni e compensare il calo di domanda interna con un aumento della domanda estera

La prima strategia è facile da capire.

Se il nord ha portato il costo del lavoro per unità di prodotto dal valore L/100 al valore (minore) L/200, il sud, non potendo incidere subito sul DENOMINATORE, può intanto lavorare sul NUMERATORE e cercare di ridurre il suo costo del lavoro passando dal valore L al valore L/2.

In questo modo il costo di lavoro per unità di prodotto si riduce anche al sud passando da: 

L/100

a

(L/2) / 100 

cioè L/200: esattamente lo stesso valore del nord.

Questa strategia si chiama "SVALUTAZIONE DEI SALARI" e sicuramente ha un costo sociale molto alto perchè scarica solo sul lavoro e sui lavoratori le conseguenze dei mancati investimenti in innovazione e organizzazione in grado di sostenere nel tempo lo stesso livello di produttività dei concorrenti.

La seconda strategia è un po' più articolata ma funziona allo stesso modo.

Infatti, se il paese del sud procede ad una svalutazione della sua moneta del 50% questo porta alla seguente relazione di cambio tra le monete dei due paesi:
 
1 nordino = 2 sudini

che consente, ai cittadini del nord, di "acquistare" due unità di moneta del sud spendendo una unità di moneta propria.

Questa "svalutazione" si riflette immediatamente in un abassamento dei prezzi dei prodotti del sud rispetto agli acquirenti del nord perchè i cittadini del nord possono acquistare i prodotti del sud facendo leva su un tasso di cambio loro favorevole e moltiplicando per due il loro potere d'acquisto.

( Nota a margine:

Vi ricordate quando gli italiani andavano in vacanza in Jugoslavia e cambiavano le lire in dinari e poi si stupivano (positivamente) di quanto fossero "bassi" i prezzi dei prodotti Jugoslavi ? In realtà si sarebbero dovuti stupire di quanto fosse svalutato il dinaro rispetto alla lira.
)


Questa seconda strategia che - ricordiamo - deve essere di breve termine per tamponare il gap di produttività in attesa di un riequilibrio strutturale (tecnologico, organizzativo), ha il pregio di NON scaricarsi sul lavoro e sui lavoratori ma di distribuirsi equamente su tutta la società che può tollerare una temporanea diminuzione del potere d'acquisto della propria moneta (sul mercato estero), in virtù di un necessario sostegno alle esportazioni.
 
Se ci siamo capiti fin qui, su questo banalissimo esempio, forse riusciamo a comprendere perchè, oggi, nei paesi della periferia europea, meno competitivi dei paesi del centro come la Germania, stiamo assistendo ad una così violenta svalutazione dei salari diretti e indiretti (welfare).

E come questa violenta svalutazione sia una AUTOMATICA CONSEGUENZA della impossibilità di utilizzare la LEVA MONETARA avendo adottato la moneta unica, l'euro, nel 1999.

Il percorso della violenta svalutazione dei salari è molto "pericoloso" anche perchè provocando il crollo della domanda interna assesta una ulteriore "batosta" all'apparato produttivo del paese più debole il quale non riesce più ad esportare (perchè i suoi prodotti costano di più) e non riesce neanche a vendere sul mercato interno anche perchè i suoi cittadini/lavoratori non hanno sufficiente reddito da spendere.

Rinunciare alla leva monetaria, per i paesi del sud, equivale a dover accettare una possibile o molto probabile "annessione" commerciale da parte dei paesi del nord che - mantenendo il regime di cambio fisso - possono amplificare nel tempo il loro iniziale vantaggio competitivo fino alla completa affermazione della loro egemonia.

Un peso senza contrappeso, insomma.


Sandro.

1 commento:

  1. Leggete anche quello che scriveva l'economista Nicholas Kaldor nel 1971 a proposito della IPOTESI di costruire una Unione Monetaria Europea

    http://keynesblog.com/2012/10/08/i-difetti-delleuro-spiegati-30-anni-prima-che-nascesse-dalleconomista-keynesiano-nicholas-kaldor/

    1971 !! capite ?

    Cos'altro dobbiamo leggere per APRIRE GLI OCCHI ??

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