sabato 15 dicembre 2012

Ex Cathedra


Essere cittadini oggi è difficile.

C’è sempre un “esperto” pronto a dirti le cause di un fenomeno ed a regalarti il rimedio giusto. Colpa forse della superspecializzazione dei nostri saperi, se proprio dobbiamo trovare un colpevole.

E’ successo anche in politica: l’arrivo dell’esperto è in grado di mettere tutti a tacere.

Il Professor Monti, ad esempio, è piaciuto subito a tutti : ha fatto ben sperare.

Gli italiani, fondamentalmente, hanno una mentalità provinciale. Si fanno persuadere facilmente da una persona soprattutto se è ben vestita, e se è un illustre professore perbacco, con quella saccenza niente affatto nascosta, tutta l’aria del “signore” insomma, capace di farci sentire ignoranti e reverenti.

Mi chiedo se sia ancora possibile ingannare la gente con le parole? Non riesco a non pensare al Dott. Azzeccagarbugli ed al povero Renzo. Siamo davvero ancora lì?

Temo proprio di sì: soprattutto  quando si tratta di economia.

In fondo poi lo sappiamo, siamo un popolo di commissari tecnici in grado di spiegare perché la squadra non è andata come doveva e quali giocatori avremmo dovuto inserire al momento giusto; 

ma anche di medici vista la  nostra naturale propensione all’ipocondria;
 
di metereologi, visto il dissesto idro-geologico si affinano infatti le competenze; 

di cuochi, visto il numero di programmi di cucina in tv; 

di analisti politici, vista la naturale propensione  - anche nei tg - a commentare le  parole dei nostri politici sempreverdi.

Ma sicuramente se ci vogliono zittire, ci mettono davanti un Professore di Economia (magari anche banchiere), che ci “spiega”, dalla cattedra, perché non ce la facciamo ad arrivare alla fine del mese e i sacrifici che dobbiamo fare per salvare il nostro paese se non vogliamo stare ancora peggio.

Di fronte al Professore in cattedra non resta che abbassare la testa e prendere appunti. E’ inevitabile che ci impieghiamo di più a capire che ancora una volta, non ci sarà nessun risanamento del paese.

Un Professore che parla di economia non  può essere contraddetto. Possiamo solo sperare nella stiracchiata sufficienza, ripetendo a memoria che la colpa è del debito pubblico e che abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità.

Non c’è altra cura che tagliare pensioni, salari e privatizzare i servizi.
 
Non c’è alternativa. L’ha detto il Professore!

Eppure, schiva e latente, senti una vocina interna che ti mette in allerta dicendoti che la verità non è questa. Che la forma nuova non ha cambiato la sostanza. Che anche se lo dice il Professore, non può essere questa la via per ritornare su...

Non posso fare a meno di pensare a come il nostro atteggiamento reverenziale e piccolo borghese verso gli aspetti formali della comunicazione possano essere la conseguenza anche dal nostro modo di fare scuola, la scuola di Giovanni Gentile per intenderci che è spesso ancora latente nel nostro modo di insegnare. 

“Una scuola di tipo aristocratico, cioè pensata e dedicata "ai migliori" e non a tutti e rigidamente suddivisa a livello secondario in un ramo classico-umanistico per i dirigenti e in un ramo professionale per il popolo e la classe lavoratrice”.

http://it.wikipedia.org/wiki/Riforma_Gentile


Diceva Michail Bachtin “e’ solo agli occhi di un’altra cultura che la nostra propria cultura si rivela più completamente e più profondamente (ma mai esaustivamente, perché ci saranno sempre altre culture che sapranno vedere e comprendere ancora meglio)".  (L’estetica della creazione verbale).

Parte da questa considerazione Marianella Sclavi docente di sociologia per fare una analisi comparata tra il sistema scolastico italiano e quello americano, facendo l’ombra a due studentesse di due licei bene, uno di  Roma  e l’altro di New York. Ne ricava interessanti riflessioni anche sul concetto di autorità.

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Nei corridoi del Crying Wolf vedo l’insegnante di studi sociali che avanza in pantaloncini corti e camicetta sportiva.

Fase 1: Mia reazione in quanto ex allieva, ex insegnante ed ex madre nella scuola italiana: stupore, un certo disagio, un senso di allarme per attentato alla dignità professionale, riso. Immagino da parte degli studenti risatine, commenti ironici, agitazione.
 
Fase 2: Mi guardo attorno. Chloe e gli altri studenti, a differenza di me, rimangono totalmente rilassati, salutano il professore con giovialità, senza contargli i peli sulle gambe. Disciplinati, annoiati… “normali”, insomma.  

Ne deduco che : 

a) questo “stesso atto”, un professore che entra in classe in pantaloncini corti, ha significati diversi nei due contesti; 

b) che anche il senso dell’”autorità” connesso con l’insegnare è diverso nei due contesti.
 
Fase 3: Rido di me stessa per essermi lasciata appiattire negli immaginari della mia cultura, ma sono anche contenta di aver subito questo incidente…..

Ed ecco, al Crying Wolf, una scena cui assisterò una domenica mattina della prossima primavera, durante una festa di carnevale organizzata dai sophmores, i ragazzi del secondo anno di liceo. 

In mezzo alla musica rintronante e alle bancarelle di vendita dei dolciumi per vari autofinanziamenti, vedo il Prof. Frank Esposito, insegnante di matematica, in pantaloncini corti, tutto sorridente e tutto grondante, come se gli avessero rovesciato un secchio d’acqua in testa. Mi saluta disinvolto e continua a chiacchierare con un allievo, come se niente fosse. Dopo un poco vedo arrivare, sempre sorridente, sempre in pantaloncini corti, ma ancora asciutto, il sovrintendente generale del Distretto scolastico. 

Chiedo che succede. Mi spiegano che fra i baracconi carnevaleschi allestiti dagli studenti ce n’è uno di molto successo in cui professori e amministratori sono invitati a sedersi sotto un secchio d’acqua che si rovescerà sulla loro testa quando lo studente di turno sarà riuscito a colpire un certo bersaglio. 

Mi piacerebbe vedere una scena del genere in un liceo italiano.
>>

Da "A una spanna da terra (indagine comparativa su una giornata a scuola negli Stati Uniti e in Italia e fondamenti di una “metodologia umoristica") di Marianella Sclavi - Feltrinelli

Silvia.



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