giovedì 1 novembre 2012

Il posto dell'orologio


 Busso alla porta perché sono leggermente in ritardo ed entro. Per fortuna non hanno ancora inziato. Entrare in una classe scolastica per una riunione per i propri figli, ti fa subito rituffare nel tuo passato di studente.

Cerchi gli “amici” (le mamme che conosci) e provi a metterti nelle ultime file. Invece mi indicano il posto libero al primo banco proprio di fronte alla lavagna.
Mi siedo e avverto subito un senso di inferiorità spaziale. 


Le insegnanti sono sedute dietro la cattedra e noi tutte sulle seggioline dietro ai banchi: come ai vecchi tempi insomma !

I banchi sono tanti e la classe è molto più piccola e stretta, di quella degli anni precedenti. In quinta elementare infatti, deve essere opinione condivisa dal gruppo docente che i bambini abbiano meno bisogno di muoversi.
 
Lo spazio non parla di una volontà di partecipazione dei presenti e gli arredi dicono che noi genitori siamo lì per ascoltare quello che le docenti hanno visto e valutato. E infatti, poco dopo, arriva la stangata!

“Noi siamo contente, però vi dobbiamo dire che ci sono problemi di attenzione. 
I bambini si distraggono subito, dopo appena mezz’ora che parliamo. Sì, sì… sono curiosi, creativi, ad esempio con la musica sapete bene cosa sono stati in grado di fare l’anno scorso e anche negli anni precedenti, ma riguardo ai tempi di attenzione non ci siamo ! Ve lo dobbiamo proprio dire...”.

Siamo tutte in silenzio, con le orecchie basse. Penso alla fatica dei compiti pomeridiani e del fine settimana dopo 5 giorni di scuola a tempo-pieno

All’impegno profuso di corsa al ritorno dal lavoro, quando dopo otto ore di scuola,
diciamo “Forza devi studiare per domani”. Tempo inutile quindi?

Continua l’insegnante: 

“Come dire? Sono piccoli, piccoli, piccoli. Ci chiedono sempre di andare a giocare oppure quando c’è la ricreazione?
 
E poi guardano sempre l’orologio. L’orologio prima era lì, dietro ai banchi e i bambini si giravano continuamente di spalle per guardare che ora era.  

Noi abbiamo avuto altre classi, dove i bambini ci chiedevano - che facciamo ora maestre? -. 

Ecco loro non sono così".

C’è sempre un alibi per non disconfermare il nostro lavoro.

"Allora vedendo questi comportamenti abbiamo deciso di ... spostare l’orologio, l’abbiamo nascosto lì dietro l’armadio”

E’ accorata nel parlare mentre ci svela, con compiacimento, la brillante strategia individuata per stimolare l'attenzione dei suoi allievi.

Interviene la collega ridendo: “è vero, l’altro giorno cercavo l’orologio e non lo trovavo e poi l’ho visto là, nascosto proprio sopra gli appendiabiti.”

Il loro riso e la loro postura mi raggelano.

Sono in buona fede, convinte e certe di svolgere al meglio il loro ruolo di insegnanti.

E forse è così.

Fare scuola, oggi, significa introdurre più nozioni possibili nella testa degli allievi, considerate tabula rasa. E’ per questo che è tutto un susseguirsi di test di preparazione per l’Invalsi e di ripetizioni nozionistiche e a memoria.

Verranno valutate anche le maestre a loro volta, sulla base di questi criteri/valori, quindi perché non dovrebbero crederci ? 

Il prezzo che si paga è quello di sottrarre tempo ai bambini ed anche la loro reale identità, ma ormai molti non se ne accorgono più…

E come se non bastasse, il tempo dei bambini è rubato anche dall’extrascuola. E’ una gara infatti tra le famiglie per iscrivere i bambini a più corsi extrascolastici possibili: teatro, musica, inglese, informatica. 

Insomma per i bambini del tempo pieno, quaranta ore di scuola più compiti, più pre/ post scuola, più attività extrascolastiche.

Il tempo libero è morto: proprio quello che genera la creatività e che consente di sedimentare le esperienze della vita...

Ecco il nostro PIL: bambini pieni di nozioni, cose da fare, distratti, iperattivi, già stressati fin da piccoli.

Come sembrano lontani gli anni della scuola attiva, quella di Freinet, Lombardo Radice, Dewey, Montessori !

La scuola come un laboratorio di idee, di azioni, di scambi, dove il corpo e la mente non sono due entità distinte.

La scuola dove l’apprendimento cooperativo e di gruppo è un valore individuale e sociale.  

E’ di moda, invece, il comportamentismo. Quello del 'bastone e carota' per incentivare l’apprendimento.

E così, oggi, a scuola, le menti dei bambini fuggono.

Sono lì con i loro corpi, prigionieri, per lo più invisibili nelle loro diverse individualità agli occhi degli adulti, che non vedono i loro reali bisogni e le strade più adatte per fare esprimere le loro potenzialità.

Ma le loro menti sono per fortuna in un’altra scuola, quella del futuro.

Infatti, anche se spostiamo l’orologio, il tic tac del tempo che passa non potremo fermarlo: non ci resta che sperare che i bambini siano in grado di portarci in un futuro diverso, dove il valore delle persone e quelli della società vengano riscoperti.

http://www.infanziaineuropa.eu/index.phtml?id=528


Silvia.

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