Sono stato parecchio assente da questo blog negli ultimi tempi, e non solo per colpa del troppo lavoro che non mi ha lasciato tempo per scrivere, ma soprattutto per un crescente senso di sfiducia e scoramento che mi ha tolto la voglia di manifestare idee e proporre agli amici di Piazzaverdi temi di discussione.
Questo scoramento è nato dalla consapevolezza che cresce giorno-dopo-giorno di quanto il mondo attorno a noi, nel nostro paese, si vada piano-piano deteriorando. Citando Eric Fromm, di quanto il "valore dell'Avere" stia superando negli uomini il "valore dell'Essere". Di quanto cioè "l'avidità, l'incorporazione di cose e simboli, il possesso, il dominio, la proprietà acquisitiva" stia assumendo un ruolo sempre crescente nei confronti, ad esempio, della "creatività, del coinvolgimento, della ricerca di connessioni emozionali dei concetti, del dialogo".
Se guardiamo bene come sta sviluppandosi la società in questo inizio di XXI secolo, appare sempre più evidente come i vecchi "valori" di un tempo, neppure troppo lontano, non siano più tanto quelli che guidano il vivere quotidiano dei cittadini. In Italia, la voglia di proporre "idee" è molto calata, in politica i partiti si sono praticamente evaporati sotto le percosse della finanza e le stesse richieste di una società più "giusta", reclamate dai cittadini, si stanno facendo sempre più flebili.
Il prof. Galimberti (vedi il post di Sandro di qualche giorno fa) ha ben spiegato il perché di tutta questa "calma piatta" che caratterizza il nostro tempo e perché invece non avveniva, o era presente molto meno, anche solo una quarantina di anni fa. Sicuramente il mondo della fine degli anni '60 era diverso, anzi, molto diverso da quello di oggi. E sicuramente non si viveva meglio di oggi, in quegli anni, quanto a disponibilità di risorse materiali, danaro e beni di ogni tipo. Credo che tutti i cinquantenni di adesso condivideranno che, da piccoli, si andava spesso in cinque in FIAT seicento, si abitava in case meno confortevoli di oggi, non esistevano mezzi veloci di trasferimento delle informazioni, non c'era internet che permetteva di parlare con un amico in Germania o Stati Uniti in tempo reale, e tante altre belle cose che, in una parola, potrei chiamare: modernità.
Però, pur non essendo certo un fautore del detto qualunquista "si stava meglio quando si stava peggio", devo riconoscere che in quegli anni si usava un po' di più il tempo anche per discutere, per relazionarsi con gli altri, accalorandosi per ore, magari inutilmente apparentemente, sui grandi temi della giustizia, della politica (nazionale e internazionale), del sociale, della scuola. Esisteva una "destra", un "centro", una "sinistra", i gruppi extra-parlamentari di "destra" e "sinistra", che rappresentavano i diversi e contrapposti modi di pensare di noi tutti. C'era poi un fortissimo dibattito anche su temi non strettamente politici (si pensi alle dispute sul divorzio e l'aborto...).
Ma c'erano anche temi dove c'era convergenza di vedute. La prima di queste convergenze era sull'importanza stessa del dialogo, della contrapposizione delle idee. Sul fatto che si poteva non essere d'accordo sui valori ma nessuno metteva in discussione che ci fossero per l'appunto, dei valori, su cui discutere. In quegli anni era poi abbastanza difficile sentire mettere in crisi, almeno di grandi partiti di massa, quelle che venivano considerate le pietre miliari che caratterizzano lo stato "sociale", e direi anche "etico", della nostra società. Ad esempio il Lavoro era considerato una cosa quasi "sacra" visto che la società si basava (e si basa anche oggi, non va dimenticato) sul lavoro delle persone, che operano nel pubblico e nel privato, per costruire "cose", produrre "merci", favorire la ricerca, insegnare ai giovani, migliorare la qualità della vita, insomma creare "ricchezza" materiale e spirituale. Nel pieno rispetto di quello che la nostra Costituzione sancisce.
Addirittura la nostra Repubblica si "fonda" sul Lavoro (val la pena di rileggersi, ogni tanto, l'articolo 1) e affida al popolo la sovranità e poi la definizione e il rispetto delle regole della convivenza civile.
E dice anche molto di più, la Costituzione, quando ad esempio asserisce (all'articolo 4) che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le "condizioni che rendano effettivo questo diritto". E in più, ogni cittadino ha il dovere di svolgere una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. E poi ancora che ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa (art. 36). Si parla persino di lavoro come strumento di crescita spirituale della società !
Il prof. Galimberti (vedi il post di Sandro di qualche giorno fa) ha ben spiegato il perché di tutta questa "calma piatta" che caratterizza il nostro tempo e perché invece non avveniva, o era presente molto meno, anche solo una quarantina di anni fa. Sicuramente il mondo della fine degli anni '60 era diverso, anzi, molto diverso da quello di oggi. E sicuramente non si viveva meglio di oggi, in quegli anni, quanto a disponibilità di risorse materiali, danaro e beni di ogni tipo. Credo che tutti i cinquantenni di adesso condivideranno che, da piccoli, si andava spesso in cinque in FIAT seicento, si abitava in case meno confortevoli di oggi, non esistevano mezzi veloci di trasferimento delle informazioni, non c'era internet che permetteva di parlare con un amico in Germania o Stati Uniti in tempo reale, e tante altre belle cose che, in una parola, potrei chiamare: modernità.
Però, pur non essendo certo un fautore del detto qualunquista "si stava meglio quando si stava peggio", devo riconoscere che in quegli anni si usava un po' di più il tempo anche per discutere, per relazionarsi con gli altri, accalorandosi per ore, magari inutilmente apparentemente, sui grandi temi della giustizia, della politica (nazionale e internazionale), del sociale, della scuola. Esisteva una "destra", un "centro", una "sinistra", i gruppi extra-parlamentari di "destra" e "sinistra", che rappresentavano i diversi e contrapposti modi di pensare di noi tutti. C'era poi un fortissimo dibattito anche su temi non strettamente politici (si pensi alle dispute sul divorzio e l'aborto...).
Ma c'erano anche temi dove c'era convergenza di vedute. La prima di queste convergenze era sull'importanza stessa del dialogo, della contrapposizione delle idee. Sul fatto che si poteva non essere d'accordo sui valori ma nessuno metteva in discussione che ci fossero per l'appunto, dei valori, su cui discutere. In quegli anni era poi abbastanza difficile sentire mettere in crisi, almeno di grandi partiti di massa, quelle che venivano considerate le pietre miliari che caratterizzano lo stato "sociale", e direi anche "etico", della nostra società. Ad esempio il Lavoro era considerato una cosa quasi "sacra" visto che la società si basava (e si basa anche oggi, non va dimenticato) sul lavoro delle persone, che operano nel pubblico e nel privato, per costruire "cose", produrre "merci", favorire la ricerca, insegnare ai giovani, migliorare la qualità della vita, insomma creare "ricchezza" materiale e spirituale. Nel pieno rispetto di quello che la nostra Costituzione sancisce.
Addirittura la nostra Repubblica si "fonda" sul Lavoro (val la pena di rileggersi, ogni tanto, l'articolo 1) e affida al popolo la sovranità e poi la definizione e il rispetto delle regole della convivenza civile.
E dice anche molto di più, la Costituzione, quando ad esempio asserisce (all'articolo 4) che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le "condizioni che rendano effettivo questo diritto". E in più, ogni cittadino ha il dovere di svolgere una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. E poi ancora che ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa (art. 36). Si parla persino di lavoro come strumento di crescita spirituale della società !
Non c'è che dire, si tratta di frasi pesanti che non possono creare equivoci di sorta e che ci dicono che il Lavoro non è solo un "mezzo" necessario a garantire l'acquisizione di denaro per la sopravvivenza, ma assume anche un valore "etico" in quanto è un diritto e uno strumento necessario per far crescere la dignità degli esseri umani e della società. Io almeno interpreto in questo modo, direi laico, il significato delle parole crescita spirituale.
Mi chiedo: di queste cose si parla ancora, ad esempio all'interno dei grandi partiti di massa ? Oppure sono state messe in dubbio queste regole auree in ossequio ai nuovi dei che si chiamano Mercato, Finanza, Spread, Debito Sovrano, Speculazione ecc..?
Rileggendo queste norme costituzionali e, contemporaneamente, guardando "da fuori" i nostri stili di vita, e le nuove regole che sono state imposte dai Mercati alla nostra società, mi viene sempre più spesso da chiedere se vivo ancora in questo pianeta e se questo è ancora il mio Paese. E da qui, ecco spiegato il mio scoramento di cui accennavo all'inizio.
Si, perché io, anzi noi di Piazzaverdi, saremo anche degli inguaribili idealisti un po' romantici, ma facciamo obiettivamente fatica a conciliare questi principi "etici" con l'attuale idea di Società che sta proponendosi, essenzialmente senza dibattito (!), e dove, ad esempio, si parla di bellezza del lavoro "flessibile", o di "noia" che produrrebbe il lavoro fisso. Cosa vuol dire esattamente il nostro premier quando asserisce che la riforma attuale del lavoro, che dovrebbe appunto premiare la flessibilità, : "...rende il mercato più efficiente ?".
Si, perché io, anzi noi di Piazzaverdi, saremo anche degli inguaribili idealisti un po' romantici, ma facciamo obiettivamente fatica a conciliare questi principi "etici" con l'attuale idea di Società che sta proponendosi, essenzialmente senza dibattito (!), e dove, ad esempio, si parla di bellezza del lavoro "flessibile", o di "noia" che produrrebbe il lavoro fisso. Cosa vuol dire esattamente il nostro premier quando asserisce che la riforma attuale del lavoro, che dovrebbe appunto premiare la flessibilità, : "...rende il mercato più efficiente ?".
Significa forse che se una linea di produzione in una ditta non crea più profitto allora si può mandare a casa serenamente il personale per giuste motivazioni economiche ? (Questo è in sintesi il succo della proposta di modifica dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori). E allora, mi chiedo, dove andrà a finire la dignità del lavoro e la dignità delle persone, così fortemente tutelate dalla Costituzione ?
In questa nostra società iper-liberista vengono ogni giorno sempre più minati alcuni dei concetti "sacri" che sono stati i fondamentali mattoni sui quali i popoli si sono sviluppati, durante la loro storia. E' sicuramente grazie al lavoro della sua gente che l'Italia è uscita dalla grande crisi dopo la seconda guerra mondiale, non certo per merito delle speculazioni finanziarie...
Oggi un giovane,con un'età di 30 anni o anche più, che passi da un lavoro part-time, o "cococo" o "cocopro", ad un altro analogo ogni tre-sei mesi (se è fortunato), quale progetto di vita potrà mai darsi ? E, parallelamente, se si pensa di poter "licenziare" per giusta causa economica un padre o madre di famiglia, magari monoreddito, e magari a 50 anni, solo perché è semplicemente diventato "meno utile" o poco "inseribile" nei nuovi processi di produzione, dove va a finire le dignità di quel lavoratore ? Con buona grazia degli ammortizzatori sociali che, per altro, in Italia, differentemente da altri paesi, fatico a vedere...
Oppure, si pensi ad un pensionato che si vede calare ulteriormente la sua già bassa pensione (magari di meno di 800 euro al mese) a causa delle nuove tasse, necessarie non già per creare servizi ma solo per pagare un debito sovrano creato dai "geni" della Finanza creativa (non ce lo scordiamo mai !), come potrà anche solo sopravvivere ? E la sua dignità di uomo, dove va a finire in quel caso ? Ha lavorato per il paese, quando risultava essere un tassello utile, adesso è solo un "peso", non "funziona" più. Che capolavoro !
E' evidente che una società che perde il senso "etico" della parola Lavoro, tende a perdere anche un po' il significato di altri valori molto prossimi, quali quello della solidarietà sociale, ad esempio, o della crescita etica da creare "assieme". Al contrario della solidarietà crescono e cresceranno sempre più le guerre tra "poveri", cioè ad esempio tra chi il lavoro ce l'ha (anche se a basso reddito) e chi non ce l'ha, come i giovani precari. E tali guerre tra poveri vengono ignobilmente alimentate citando la parola "crisi" come spauracchio sociale, al posto di attaccare il problema da altre parti, ad esempio colpendo le grandi rendite, i salari dei pochi super-ricchi che detengono il super-potere, e soprattutto promuovendo il lavoro, la ricerca, l'innovazione tecnologica, le nuove professioni della green economy, creando posti di lavoro per la salvaguardia e la tutela dell'ambiente e del territorio. Invece si parla del mito della flessibilità. Che fantasia !
E quel che è peggio è che, piano-piano, anche tutta quella parte della società catalogata come ceto medio, sta iniziando a credere a questa storiella della flessibilità e invece di ribellarsi contro un sistema politico cieco e essenzialmente asservito ai diktat della Finanza, alla fine sta spaccandosi al suo interno in una contesa senza senso, appunto, tra poveri, che potrebbe inasprirsi in futuro, dove ogni cittadino inizia a vedere nell'altro non già un alleato, ma piuttosto un antagonista. Quindi ecco il "cococo" che se la prende con il lavoratore "fisso", il "lavoratore" che se la prende con il "pensionato", il lavoratore italiano che se la prende con l'extra-comunitario e così via...
E quel che è peggio è che, piano-piano, anche tutta quella parte della società catalogata come ceto medio, sta iniziando a credere a questa storiella della flessibilità e invece di ribellarsi contro un sistema politico cieco e essenzialmente asservito ai diktat della Finanza, alla fine sta spaccandosi al suo interno in una contesa senza senso, appunto, tra poveri, che potrebbe inasprirsi in futuro, dove ogni cittadino inizia a vedere nell'altro non già un alleato, ma piuttosto un antagonista. Quindi ecco il "cococo" che se la prende con il lavoratore "fisso", il "lavoratore" che se la prende con il "pensionato", il lavoratore italiano che se la prende con l'extra-comunitario e così via...
Tutto ciò può produrre uno sfaldamento della società, che si verifica un po' a tutti i livelli, compreso quello culturale e che si realizza nella minore attitudine a condividere conoscenze, saperi, a produrre un maggior riserbo tra le persone, perché nasce il sospetto che l'altro potrebbe divenire quello che ti danneggia, quello che potrebbe rubare il posto a tuo figlio o a tuo fratello. Come se il posto di lavoro, per ogni cittadino, non fosse appunto più un diritto ma una "meta" da conquistare e, una volta raggiunta, da difendere con le unghie e usando ogni arma a disposizione.
Sto constatando anche nel mio ambiente di lavoro questa crescente forma di chiusura, che era quasi assente anche solo venti anni fa, verifico ogni giorno nel mio piccolo una maggiore difficoltà a confrontarsi, a scambiare idee. Al contrario, verifico una maggior tendenza a chiudersi in una specie di isolamento intellettuale, in modo da non correre il rischio di essere superati, di non avere interferenze nelle proprie competenze.
Perché, in fondo, c'è un aumentato senso di insicurezza. Che, frettolosamente, viene spesso tacciato come uno sottoprodotto del generale imbarbarimento della società, che per altro è anch'esso altrettanto presente.
Stiamo dunque per diventare una società dove varrà sempre più il detto homo homini lupus ?
Che si fa ?
Una società homo homini lupus lo è già da tempo: senza alcuna coscienza civica su cosa puoi fare leva per la crescita ? Quali sono i riferimenti politici cui riferirsi ? Il break even point mi sembra già superato, non vorrei dire sin dal 1860 quando il progetto Italia puntò sulla gerontocrazia. Come fai a realizzare un processo diverso con le stesse persone ?
RispondiEliminaConcordo solo in parte. Perchè è innegabile che negli ultimi 40 anni il deterioramento sia stato molto più veloce del passato. A meno che tu non mi dica che personaggi del calibro di De Gasperi, Gramsci, Nenni, Berlinguer li paragoni a quelli di adesso, quanto a senso dello Stato, Cultura di base, competenze specifiche, moralità...
RispondiEliminaGià, che fare... bella domanda.
RispondiEliminaIo credo che il primo passo sia conoscere e far conoscere.
Conoscere i meccanismi del potere che, in questo momento, sono i meccanismi della finanza speculativa che, a sua volta, è quasi totalmente governata dal sistemi software sempre più sofisticati
leggete qui:
http://www.firstonline.info/a/2012/01/26/algo-finanza-gli-hft-sono-i-nuovi-potenti-e-sconos/ff8874dc-9bf0-4c74-a262-62d057d7a4d4
il 70% delle transazioni di wall street è gestito da algoritmi automatici (HFT) che fanno tutto da soli: comprano e vendono alla velocità della luce.
Solo 15 banche d'affari possiedono queste nuove armi di distruzione di massa (gli algoritmi HFT) e goveranano il mercato finanziario che, a sua volta, governa l'economia, la politica e quindi la nostra vita quotidiana (visto che dobbiamo pagare le tasse per pagare un servizio sul debito al 6% perchè la speculazione si è abbattuta sui nostri titoli di stato).
Questo è un Nuovo Fascismo, ragazzi.
Dobbiamo aprire gli occhi, capire i meccanismi, e metterci assieme per fare azioni collettive coordinate e incisive.
Da soli possiamo solo assistere impotenti.
Che fare?
RispondiEliminaPrimo. Non scoraggiarsi! L'esistenza è un divenire e la lotta una funzione inalienabile.
Secondo. Non avere fretta! I cambiamenti ci sono, talvolta sono impercettibili, altre volte passano attraverso il peggio per poi riaffiorare e palesarsi.
Terzo. Non maledire l'epoca in cui si vive credendo che quelle che le hanno preceduta siano migliori: non abbiamo sufficienti elementi per un'analisi comparativa e quand'anche l'avessimo sarebbe del tutto inutile.
Quarto. Evitare l'errore di buttare con l'acqua sporca anche il bambino. Il mercato e la finanza ci hanno messo in questa situazione ma saranno quelli che forse ci porteranno l'energia pulita: unica ancora di salvezza per questo pianeta.
Credo sia bene convincerci che se ammettiamo che sette miliardi di persone hanno il diritto di avere un tenore di vita pari a quello esistente in occidente dobbiamo inevitabilmente ammettere che del mercato e della finanza non se ne può fare a meno. Per questo motivo il sistema non è da abbattere ma da correggerne gli eccessi e impedirne il ripetersi. E abbiamo anche capito che il cambiamento potrà avvenire solo dal basso. Ed è appunto ciò che stiamo facendo tu, io e tanti altri che grazie al web(prodigioso strumento) parliamo, ci confrontiamo per poi organizzarci e passare all'azione.
Mi viene da dire "... E pur si muove!"
Un saluto.
Forse dobbiamo fare a meno di QUESTA finanza e di QUESTO mercato (che non è un mercato ma un oligopolio finanziario).
EliminaSe non lo facciamo, QUESTA finanza "frutterà" (nel senso che farà molti soldi sfruttando) anche l'energia pulita trasformandola in una ennesima e gigantesca bolla speculativa.
Se dobbiamo cambiare "dal basso" usando la rete, allora preferisco darmi l'obiettivo di cambiare tutto quello che deve essere cambiato e di partire con le giuste priorità per arrivare anche ad una finanza controllata veramente "dal basso" e non dai soliti "ignoti".
Il bambino va salvato e l'acqua sporca va buttata via, certamente.
Ma il bambino siamo noi, non la "finanza".
Io penso sia arrivato il momento di puntare bene il dito dove va puntato e fare una grande pressione nella direzione giusta.
- Condivo anch'io che la cosa più importante e forse anche la più difficile sia quella di non scoraggiarsi e di non rassegnarsi. E'il rischio più grande che corriamo, quello che ci fa sentire tutti gli avvenimenti come ineluttabili.
RispondiElimina- Credo anche che questo scambio di idee e pensieri possa aiutarci ad uscire dal guscio della nostra quieta neutralità, perchè scrivendo e leggendo si prendono un po' le distanze dalle esperienze e si riescono a vedere meglio.
- Nella trasmissione di ieri sera 22 aprile, Report, ha dato una serie di esempi e di esperienze positive per ripartire o per cambiare rotta, che altri paesi e anche qualche città italiana ha già iniziato a compiere.
- Tutto sommato possiamo rubare l'idea a chi ci governa: si va a bussare nelle tasse dei poveri, perchè non abbiamo molti soldi ma siamo tanti.
Ognuno di noi può fare una piccola azione all'insegna del bene comune e se queste azioni saranno omogenee allora ci sarà un grande cambiamento.
Silvia
No, non sono tanto convinto Giuseppe...
RispondiEliminaCominciamo dall'inizio. Io non sono scoraggiato, sono incazzato. Sono incazzato di vedere sempre più spesso delle persone di 70 anni, padri di famiglia, che "rimestano" nel pattume per trovare qualcosa di utile, visto che non arrivano a fine mese, e dopo una vita di lavoro. Sono incazzato di vedere dei giovani con laurea che accettano (se sono fortunati) di fare i risponditori telefonici nei call center a 400 euro al mese.
Non voglio assolutamente maledire l'epoca in cui vivo. Faccio solo un'analisi "comparata" tra adesso e 30 anni fa e noto delle differenze. Positività e negatività. Come dicevo, è indubbio che adesso abbiamo tutti più "cose"; è altrettanto vero che adesso i "giovani" hanno meno progetti per il futuro di quanto non ne avessimo noi...E quindi bruciano subito le poche cartucce che hanno, carpe diem si direbbe, passando da un lavoro a cococo di tre mesi ad un altro a 3 mesi.
La storia serve per capire dal passato come riconfigurare il futuro, evitando di rifare gli stessi errori, imparando qualcosa dal passato. Quindi non è affatto inutile guardare indietro, ogni tanto, secondo me. E fare dei confronti. Non è "nostalgia", è analisi critica e razionale, direi quasi scientifica...
E infine non credo affatto che sia possibile garantire un modello di sviluppo a 7 miliardi di persone analogo a quello del mondo occidentale. Semplicemente perchè il mondo non ce la farebbe a sostenerlo. Come abbiamo detto altre volte in questo blog, lo vieta il secondo principio della termodinamica. Su questa che può apparire un'ingiustizia si sono arenate fino ad ora tutte le COP sui cambiamenti climatici, come ben saprai. Non si può chiedere ai cinesi o agli indiani di non avere 2 automobili per famiglia, 3 cellulari a testa e andare tutti in ferie con gli aerei low cost, perchè è ingiusto. Può darsi che non sia "giusto", in una logica che vede nella crescita del PIL il karma da seguire. Però non è perseguibile, anche volendolo, perchè la nostra atmosfera arriverebbe a dei contenuti di inquinamento da impedire la vita stessa. In Cina, per altro, l'hanno già iniziato a capire, visto che a Pechino non potevano fare la maratona l'anno delle olimpiadi a causa dell'inquinamento da polveri che faceva crollare a terra gli atleti dopo 10 chilometri...
Però è altrettanto evidente che non si può predicare bene e razzolare male, quindi lo stile di vita lo dobbiamo cambiare noi, per primi; dobbiamo "frenare" noi la macchina, cambiare il modello di sviluppo, fermarci un attimo a riflettere, perchè siamo stati noi gli artefici di queste catastrofi ambientali e non, fino ad ora, Cina o India, per fare un esempio.
La finanza "creativa" ha interesse a mangiarsi tutte le risorse del pianeta, l'ha dimostrato Sandro in un post di qualche tempo fa, bisognerà impedirglielo.
Ma è forse possibile, anzi deve (!!) essere possibile trovare un modello di sviluppo che ci liberi dallo strapotere dei Mercati, che crei benessere (ho detto benessere, non PIL che dovrebbe essere un indicatore da abbandonare..)per molti e non solo ricchezza inaudita per pochissimi, che procuri più uguaglianza e meno differenze tra le classi.
Questo non è un sogno, ma è evidente che bisogna crederci. Questa è la vera sfida.
I cervelli ci sono, usiamoli.
Ciao Carlo.
RispondiEliminaAnche a me addolora e sgomenta vedere fior di giovani mendicare una misera occupazione. Ma non m'incazzo. Scendo in piazza con loro per protestare e lottare perchè come cittadino ne ho il dovere , come padre ho quello di dare l'esempio.
Dell'epoca in cui vivo ne sono innammorato. Non ci ha dato solo più cose: ci ha dato tanta libertà ed emancipazione. E se c'è un epoca a cui noi dovremmo essere eternamente grati, quest'epoca è la nostra che ha liberata da una condizione di prostrazione e asservimento l'altra metà del cielo, l'altra metà di noi: la Donna (poco più di trent'anni fa c'era il delitto d'onore:ricordi?). E in quale condizione vivevano i gay trent'anni fa: ne vogliamo parlare? E mi fermo qui. Ti pare poco?
La storia. Sono un appassionato di storia. Non perdo occasione per approfondirla, per rileggerla.E forse proprio per questo non sono incazzato perchè so che ogni epoca ha le sue tribolazioni. Non è trascorso neanche un secolo dall'ultima peste: la cosiddetta "spagnola" che tante vittime mietè nell'Europa del sud.Tanto per citarne una.
Purtroppo la storia non ti offre la soluzione perchè le situazioni sono identiche ma mai uguali. Prendiamo per esempio i flussi migratori. Ci sono sempre stati ma oggi rispetto a ieri è diverso perchè non possono essere fermati in quanto tutelati dal diritto internazionale e nazionale: leggi che abbiamo voluto noi!
Quanto alla crescita, predicata come un mantra, (tra l'altro noiosissimo)siamo tutti daccordo che non è sostenibile così come l'abbiamo intesa fino ad oggi tant'è che in qualche paese si comincia a sostituire il subdolo PIL con un indice che misura il benessere collettivo. Come daccordo dovremmo essere ,oramai, che il cambiamento deve partire dal basso e dal basso sostenuto e incalzato.
Ciò su cui invece bisogna fare chiarezza è sul contenuto del termine "cambiamento". Il mercato e la finanza sono da correggere e migliorare o da debellare? Io sono per la prima delle due. E tu? Se sostieni la loro abolizione devi anche indicare con cosa sostituirli. Sappi però che i modelli calati dall'alto non hanno mai funzionato.
Per concludere voglio aggiungere che i problemi ci sono e non sono pochi. Ma ne stiamo prendendo coscienza. Per la giornata degli Indignati ero a Roma a manifestare ed ero commosso all'idea che nelle altre capitali europee avveniva la medesima protesta. Ero commosso all'idea che le distanze cone per magia erano scomparse. Poi un gruppo di teppisti rovinò tutto. Ma questa è un'altra storia.
Ti saluto.
Caro Giuseppe: quando uno scende in piazza, forse non sarà incazzato ma sicuramente un po' arrabbiato lo è. Perchè gli slogan che si sentono, appunto in piazza, non sono degli inni d'amore dedicati a chi si contesta. Oppure è una finta ? L'epoca: è vero, io non non mi sento innamorato di questa epoca. Non ho difficoltà a dirlo, preferivo 30-40 anni fa, nonostante le maggiori discriminazioni. Perchè è in quegli anni che ho osservato dei cambiamenti di "derivata", che si è messo in crisi un mondo della scuola che, di fatto, dava chances solo ai figli dei ricchi e non agli altri. E' nel '68 che è iniziata la liberazione della donna, che poi ha avuto un seguito con il movimento femminista, assai forte negli anni 75-80.
RispondiEliminaNegli anni 60-70 i "partiti" avevano ancora un senso e rispondevano a quello che la Costituzione chiedeva loro. Le sedi erano piene di gente che discuteva del mondo, non c'erano i milioni di internauti di oggi che "cliccano" su "amico" in facebook e poi magari manco si parlano con il vicino di casa...Sono slogan ? Forse si.
Saranno anche slogan ma io le vivo sulla mia pelle queste contraddizioni.
E, credimi, se sono arrabbiato, lo sono soprattutto con me stesso che sto qui a pigiare dei tasti come un deficiente a mezzanotte invece di organizzare un'assemblea "reale", "fisica", con degli altri miei "simili" domani. E se non lo faccio è perchè questa società mi ha ubriacato con la sua...velocità, perchè non mi dà il tempo per pensare...che mi imbottisce di gadget, di pubblicità che mi fa desiderare bisogni irreali che non cercavo fino a 10 minuti fa, che mi tenta...
Il mercato si può correggere ? Non lo so. Basterebbe rimettere delle regole. Che qualche decina d'anni fa c'erano, ma non c'era la tecnologia di adesso. Se devo ancora credere al modello di "delega" politica, amerei credere che queste cose le debbano fare i "politici" che ci governano, ai quali ho dato una "delega" a rappresentarmi e a governare la cosa "pubblica". Io faccio il mio mestiere, non sono un politico. E non credo che si possa fare tutto dal basso; perchè arrivi solo fino ad un certo punto, con l'auto-organizzazione dal basso, poi ci vogliono le strutture, gli apparati, per fare le masse critiche che servono per cambiare le regole. Io chiedo ai miei politici di cambiare qualche cosa: a livello internazionale di proporre modifiche, ad esempio, sullo statuto della BCE, per permettere che i soldi che eroga li possano prendere gli Stati e non solo le banche. E quindi possa essere erogato il credito alle imprese che adesso sono strozzate, e finanziati i Comuni perchè possano ridare i servizi tipo gli Asili Nido che, negli anni 70, erano il fiore all'occhiello ad esempio della mia regione. Adesso li chiudono...
Avrei piacere di vedere varata qualche norma tipo "Tobin tax" per tassare le transazioni speculative.
Avrei piacere che la nostra classe politica applicasse una qualche patrimoniale seria verso coloro che hanno redditi superiori a 150-200mila euro/anno e non solo tasse ai pensionati.
Vorrei una classe politica che non pensasse a privatizzare tutti i servizi che, ad esempio negli anni 60-70, erano pubblici. Perchè difficilmente un servizio che ha tante spese (tipo nella sanità, ma anche le public utilities) potrà mai essere sostenuto da un privato. Lo Stato Sociale degli USA non lo prendo come modello per il mio paese...
Si possono fare queste cose con le attuali regole della finanza che tengono per le p..... gli Stati ?
La finanza si "fa" modificare ??
Dimmelo tu se si fa modificare, e come si fa a farlo ?
Se in Francia vincerà la "sinistra", sarà tranquilla la finanza o sbaglio se dico che si stanno già innervosendo...
ciao
La finanza va rimessa al servizio dell'economia reale (famiglie, imprese, noi cittadini che andiamo a lavorare tutti i giorni) e non di pochi speculatori che continuano ad accumulare ricchezza senza nessun limite superiore.
RispondiEliminaLa finanza va bene, la SPECULAZIONE finanziaria no, è il male assoluto perchè è al servizio del principio di Accumulazione Capitalistica e impedisce la diffusione della felicità del genere umano.
La speculazione finanziaria va stroncata senza nessuna incertezza con , ad esempio, queste misure:
- introduzione della tobin tax
- abolizione delle vendite allo scoperto (NON POSSO acquistare i derivati assicurativi su un titolo che non possiedo !),
- abolizione del mercato dei derivati,
- divisione netta tra banche d'affari e banche speculative cioè riattivare il Glass Steagall Act che Bill Clinton (!!)
- abolizione totale del HFT (High Fequency Trading) che è una vera e propria arma di distruzione di massa
Bisogna stroncare la finanza speculativa, punto, e concentrare li' i nostri sforzi nel "poco" tempo che ci è concesso.
I governi attuali non lo stanno facendo, neanche il governo Monti che chiede tanti "sacrifici" ai cittadini per rimettere i conti in ordine.
Mi sarei aspettato molto, molto di più dall'allievo del professor Tobin.
Mi saprei aspettato un momento di verità, una spiegazione dei meccaniscmi che stanno dietro la speculazione e una ricetta (europea e italiana) per stroncare la speculazione.
Invece niente, i mercati vengono "blanditi", assecondati, coccolati, seguiti, accettati.
E noi stiamo sempre peggio (okkio che la crisi vera, quella dura, non è ancora arrivata, okkio...).
Avete visto l'ultima puntata di Report ?
Ecco: li abbiamo visto qualche ricetta molto concreta per una possibile nuova finanza, gestita dal basso, in modo democratico, senza lasciare spazio ai predatori della speculazione.
Pertiamo da lì ?
Come possiamo fare ?
Il tempo stringe.
Credo che non dobbiamo avere paura della rabbia. La rabbia è una emozione umana, molto repressa tra l'altro. Come tutte le emozioni non “spiega” la realtà, ma solo il modo in cui noi la percepiamo.
RispondiEliminaCome esseri umani “vivi” abbiamo il diritto di percepire le nostre emozioni evitando, certo, che si traducano in comportamenti negativi e violenti.
Si chiama intelligenza emotiva così poca curata nella nostra società.
La rabbia incanalata ed orientata può essere infatti, la forza motrice positiva per il cambiamento.
Ho la sensazione che il dibattito sul periodo storico migliore rischi di portarci fuori strada. Certe cose sono difficili da comparare.
Certo le donne nel 1300 venivano bruciate al rogo perchè considerate streghe.
Certo una volta c'era la schiavitù: il codice babilonese di Hammurabi, ad esempio, diceva: "se una casa crolla e muore il padrone, sarà messo a morte colui che l'ha costruita. Se nel crollo muore uno schiavo, al proprietario della casa sarà dato un altro schiavo”.
Certo fino alla legge Merlin per gli uomini era normale frequentare le case di tolleranza.
Mi sembra però che questo dibattito porti a mettere a fuoco sempre e solo le differenze tra singoli pezzi del puzzle e ci impedisca di fare il salto mentale per un cambio della “cornice” di riferimento, un cambio di paradigma culturale.
Certe contrapposizioni ci sono state fornite come strutture mentali. Dobbiamo riuscire a vederle per superarle.
Nonostante il benessere, la quantità di beni materiali che possiamo consumare, i progressi di medicina, scienza, tecnologia, la situazione attuale infatti non è semplice.
Siamo circondati da “oggetti” ma la qualità del quotidiano è bassa. Arrivare a fine mese per molti non è semplice. Non si riesce a conciliare la vita familiare con il lavoro. Conosco tantissime donne che si sono licenziate all'arrivo del primo e/o secondo figlio. Tantissime coppie in crisi per la fatica del quotidiano.
Ognuno di noi è dentro questo sistema, ci è nato o progressivamente ci si è adattato. E questa è la cosa peggiore. In cambio del benessere, abbiamo accettato di essere pedine, non più responsabili delle nostre azioni. Siamo dipendenti da questo stile di vita, o perlomeno ci sembra l’unica cornice di mondo possibile. .
La storia insegna a non ripetere gli errori (ci hanno detto tante volte), ma molto spesso viene usata e “ripescata” anche a seconda dell’utilità che possiamo trarne.
Siamo ancora sempre alla ricerca di un nemico. La psicologia ci spiega infatti che avere un nemico è l’elemento che tiene più unito un gruppo. E ora la caccia è di nuovo aperta , in particolare verso le persone che migrano nei nostri territori.
Chissà come facevano nel 2000 a.C. i Fenici? Accoglievano infatti volentieri mercanti e artigiani stranieri, che potevano vivere in gruppi e praticare la propria religione liberamente.
Silvia.
Amici,
RispondiEliminacredo che siamo tutti sulla stessa lunghezza d'onda e che desideriamo tutti andare nella medesima direzione. Forse a fare la differenza sono i toni e gli stati d'animo. Mi ritengo soddisfatto delle risposte e condivido pienamente i contenuti. Credo anche, anzi desidero ,che qualche volta si possa andare oltre la tastiera di un computer ed incontrarci e conoscerci parlando intorno a un bicchiere di vino proprio come si faceva un tempo.
Io vivo a Modena e se voi non siete molto distanti possiamo decidere d'icontrarci quando vorrete in una luogo equidistante.
Cordiali saluti a tutti e spero nell'accoglimento della mia proposta.
Ottima l'idea di vedersi attorno a un tavolo e un bicchiere di vino.
RispondiEliminaNoi siamo di Bologna e la distanza non è certo molta. La palla a Sandro e agli altri che ci seguono. Si puo' organizzare da qualche parte, magari proprio a ....Piazzaverdi...
saluti
Mi piace l'idea di trovarsi PROPRIO a Piazzaverdi (a Bologna).
RispondiEliminaPotremmo darci appuntamento in stazione e poi andare assieme.
Un Sabato o una Domenica pomeriggio, ad esempio.
Propongo di incrociare le nostre agende e indicare qualche data poi faccio un post a mo' di "invito" per avvisare TUTTI i lettori del blog che vogliono partecipare.
Potrebbe essere anche l'occasione per "ingaggiare" nuovi autori.
;-)
Sandro.
Se sapete di una saletta disponibile in Bologna o in alternativa di un ristorantino che disponga di un ambiente tranquillo e appartato possiamo prenotarlo una volta saputo il numero delle adesioni.
RispondiEliminaPer me un venerdì o un sabato sera mi va bene.
A risentirci.