Ecco alcuni passaggi fondamentali del discorso del prof. Monti, oggi, al Senato della Repubblica Italiana:
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Il futuro dell’euro dipende anche da ciò che farà l’Italia nelle prossime settimane, anche e non solo, ma anche.
Gli investitori internazionali detengono quasi metà del nostro debito pubblico. Dobbiamo convincerli che abbiamo imboccato la strada di una riduzione graduale ma durevole del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo.
Quel rapporto è oggi al medesimo livello al quale era vent’anni fa ed è il terzo più elevato tra i Paesi dell’OCSE. Per raggiungere questo obiettivo intendiamo far leva su tre pilastri: rigore di bilancio, crescita ed equità.
Nel ventennio trascorso l’Italia ha fatto molto per riportare in equilibrio i conti pubblici, sebbene alzando l’imposizione fiscale su lavoratori dipendenti e imprese, più che riducendo in modo permanente la spesa pubblica corrente. Tuttavia, quegli sforzi sono stati frustrati dalla mancanza di crescita.
L’assenza di crescita ha annullato i sacrifici fatti. Dobbiamo porci obiettivi ambiziosi sul pareggio di bilancio, sulla discesa del rapporto tra debito e PIL.
Ma non saremo credibili, neppure nel perseguimento e nel mantenimento di questi obiettivi, se non ricominceremo a crescere.
... le scelte degli investitori che acquistano i nostri titoli pubblici sono guidate sì da convenienze finanziarie immediate, ma – mettiamocelo in testa – sono guidate anche dalle loro aspettative su come sarà l’Italia fra dieci o vent’anni, quando scadranno i titoli che acquistano oggi.
Riforme che hanno effetti anche graduali sulla crescita, influendo sulle aspettative degli investitori, possono riflettersi in una riduzione immediata dei tassi di interesse, con conseguenze positive sulla crescita stessa.
I sacrifici necessari per ridurre il debito e per far ripartire la crescita dovranno essere equi. Maggiore sarà l’equità, più accettabili saranno quei provvedimenti e più ampia – mi auguro – sarà la maggioranza che in Parlamento riterrà di poterli sostenere.
Gli investimenti in infrastrutture, di cui tante volte e giustamente abbiamo parlato e si è parlato negli corso degli anni, sono fattori rilevanti per accrescere la produttività totale dell’economia.
A questo scopo, abbiamo per la prima volta valorizzato in modo organico nella struttura del Governo la politica, anzi, le politiche di sviluppo dell’economia reale, con l’attribuzione ad un unico Ministro delle competenze sullo sviluppo economico e sulle infrastrutture ed i trasporti.
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Nulla da eccepire. La grande incognita è la crescita. Come si potrà crescere se non riparte l'economia dei paesi occidentali? E ancora. E' pensabile una crescita senza una ripresa dei consumi? E questi ultimi potranno crescere se non cresceranno i redditi?
RispondiEliminaE' consentito avanzare qualche dubbio?
Il sistema economico non può crescere all'infinito in un contesto di risorse finite e limitate come quelle del pianeta Terra.
RispondiEliminaI sistemi viventi sopravvivono proprio perchè raggiungono un punto di equilibrio e smettono di crescere. La crescita infinita è innaturale. Allora perchè l'economia è condannata a crescere per sopravvivere e non implodere su se stessa ? Forse perchè è una economia basata solo sul debito e sugli interessi che creano nuovo debito ? Possiamo mettere in discussione i fondamentali del sistema economico oppure sono dogmi non negoziabili ?
Quello della crescita permanente è la premessa (l'inquietante premessa) su cui poggia il nostro sistema economico. Si ha ragione a ritenere che non può continuare all'infinito in un pianeta le cui risorse sono finite. Alan Greespan ce ne diede un esempio memorabile:come un illusionista regalò agli USA un decennio di crescita robusta e ininterrotta. Poi, ahinoi, s'è capito come: con artifizi finanziari a metà tra la demenza e la follia.
RispondiEliminaHai ragione Sandro! E' proprio questo il problema dei problemi. Perciò occorre rivedere il nostro stistema economico e trovare altri modi di crescita nel rispetto delle limitate risorse naturali.
Qualcuno la chiama "Decrescita felice".
Personalmente credo che non siamo nella condizione di scegliere bensì in quella assai scomoda ed obbligata di dover cambiare. E alla svelta!.
Io credo che si possa e si debba arrivare a mettere in discussione i meccanismi profondi che costringono gli stati ad un progressivo, crescente, inesorabile indebitamento e che, conseguentemente, condanna gli stati ad una crescita infinita e priva di senso.
RispondiEliminaSe non lo facciamo ora, quando ?
E un meccanismo da indagare e mettere in discussione, con grande attenzione, serietà ed umiltà è quello della CREAZIONE DELLA MONETA, della natura della moneta e di chi e come conferisce valore alla moneta soprattutto se questa si configura, oggi, come un mero SIMBOLO economoetrico e NON PIU' come una merce dotata di un proprio valore intrinseco.
RispondiEliminaSe ripartiamo da lì forse riusciamo a dare un nuovo senso (e una nuova utilità sociale) a meccanismi quali il credito, il debito, l'interesse, il "mercato".
mi sembra che nel post che avevo scritto tempo fa, crisi economica e crisi climatica, il tema l'avessi posto. Ci penserà la natura a resettare il sistema economico, è solo questione di tempo. Non temete, è solo questione di (pochi) anni.
RispondiEliminaCominciamo stabilendo se il credito,(e qindi il debito che è il suo reciproco)l'interesse e soprattutto il mercato sono da riformare o da abolire. E se intendiamo abolirli con quali altre istituzione li sostituiremo?
RispondiEliminaPersonalmente ritengo molto interessanti l'analisi e le proposte riformatrici di Maurice Allais che ho citato in questo post:
RispondiEliminahttp://piazzaverdi.blogspot.com/2011/10/maurice-allais-spiega-la-crisi.html
In sintesi:
- abolizione dela riserva frazionaria
- debiti a breve termine non possono finanziare investimenti a lungo termine
- la creazione del denaro in mano agli stati
- regolamentazione ferrea delle attività bancarie per separare nettamente l'attività creditizia da quella speculativa
- e altro...
Sono daccordo. Si ha bisogno di grandi e profonde riforme specialmente in ambito finanziario e creditizio. La parte difficilissima è concordarle internazionalmente.
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