giovedì 3 novembre 2011

Maggioranza e minoranza

E' del tutto evidente che una elìte composta di poche decine di migliaia di persone non potrà mai riuscire a controllare e dominare una massa formata da molti milioni di individui.

Non è materialmente possibile, per una semplice questione di rapporti numerici.

Se riuscisse a incanalare e dare coerenza alla propria sconfinata potenza, la massa dei molti sarebbe in grado di schiacciare qualsiasi frangia minoritaria lanciata alla conquista del potere.

E' evidente, quindi, che il governo dei pochi sui molti si può realizzare solo se la stragrande maggioranza dei governati si consegna spontaneamente al controllo e alla dominazione dei pochi governanti esprimendo un totale e volontario consenso verso il sistema di potere costituito.

Senza il consenso non può funzionare nessuna forma di controllo delle masse.

Nei sistemi comunisti il consenso è (stato) generato mediante la propaganda ideologica e facendo credere al singolo individuo di essere parte attiva nel processo di creazione collettiva della nuova pòlis.

Nei sistemi liberisti e capitalisti, il consenso è (stato) generato dalla progressione continua del benessere materiale che, prolungata per un periodo sufficientemente lungo, ha fornito agli individui l'illusione di vivere in un sistema assolutamente efficiente e capace di generare continua ricchezza.

Entrambi i sistemi perdono l'equilibrio nel momento in cui non riescono più ad alimentare l'illusione collettiva (della nuova pòlis, che ben presto si trasforma in regime; della crescita illimitata che si risolve in un crollo improvviso) e quindi non sono più in grado di alimentare il consenso.

Nella fase discendente della parabola, prima che il consenso sia del tutto dissipato, l'elìte tenterà di dirottare l'attenzione delle masse verso una nuova fonte di generazione del consenso e cioè verso il volto di un comune e terribile nemico in grado di minacciare la sopravvivenza dell'intero sistema.

Un nemico verso il quale sarà necessario mobilitarsi seguendo le direttive dei pochi illuminati ancora saldamente al comando e capaci di indicare a tutti la via della salvezza.

mercoledì 2 novembre 2011

Quando l'assicurazione non assicura

La modalità con la quale è stata gestita la ristrutturazione "volontaria" del debito greco, rischia di far vacillare l'effimero e delicato equilibrio su cui si regge la bolla della finanza derivata, con conseguenze che forse iniziamo a percepire anche al nostro livello di comuni mortali.

Tutto nasce da questa domanda:

La recente ristrutturazione del debito greco (il cosiddetto "haircut" del 50%) deve essere considerata come una dichiarazione di default, oppure no ?

Se è default, a tutti i sottoscrittori di contratti CDS (Credit Default Swap) a copertura del rischio di insolvenza della Grecia, deve essere rimborsato il premio.

Se non è default, i sottoscrittori di CDS greci non hanno diritto al rimborso.


Chi può rispondere a questa domanda ?


Un organo "super partes", l' ISDA, a cui è affidato proprio il compito di certificare il verificarsi degli eventi che fanno "scattare" il rimborso promesso dai contratti CDS (è una sorta di medico legale che deve cerficare il decesso, praticamente).

Ora, sembra che l'ISDA abbia deciso che l'haircut greco non si configura come un default e quindi i CDS non hanno nulla da "coprire" e i loro sottoscrittori nulla a pretendere.

Molti non la stanno predendo bene, evidentemente.

Questa vicenda getta un'ombra sinistra sulla reale affidabilità dei CDS in quanto assicurazioni contro il rischio insolvenza:

I CDS rappresentano delle garanzie reali oppure sono un bluff ?

Nel dubbio qualcuno potrebbe anche smettere di acquistare titoli del debito sovrano dei paesi più rischiosi (come l'Italia) e cercare di sbarazzarsi velocemente dei titoli in suo possesso (come è avvenuto oggi, ad esempio...).

Come a dire: 

se si sparge la voce che le assicurazioni auto non pagano più i sinistri, la gente smette di acquistare automobili !

E' una analisi plausibile ?
E dobbiamo preoccuparci anche di questo ?


Per approfondire:




lunedì 31 ottobre 2011

Chi controlla il "mercato"

Se avete visto la puntata di Report di ieri seria, ricorderete che - ad un certo punto - viene citato un articolo del Sole 24 Ore dello scorso luglio,  intitolato:

Gli hedge fund scommettono contro l'Italia. Ecco gli uomini d'oro della finanza-ombra 

 

Leggendo l'articolo si apprendono alcune cose che, personalmente, reputo sconcertanti.

 

Le elenco di seguito per fissarle bene nella memoria ed essere in grado di spiegare bene ai leaders della cosiddetta "opposizione", che ci aspettiamo - anche e soprattutto da loro - una durissima ed esplicita condanna di queste pratiche ed un feroce contrasto contro questi nuovi feudatari della finanza che possono agire indisturbati in questo nuovo medio-evo globale.

 

Ecco i punti salienti dell'articolo sopra citato: 

 

a) diversi, tra i grandi colossi americani del settore, stanno vendendo importanti quote di titoli governativi del nostro paese (l'Italia) per comprare credit default swap, ovvero le speciali polizze assicurative che proteggono dal rischio di default

 

b) anche prima della crisi finanziaria l'attività di vendite al ribasso erano una strategia frequentemente attuata

 

c) dopo il collasso legato al crack Lehman, i gestori (dei fondi speculativi) stanno riconquistando rapidamente la fiducia degli investitori

 

d) i fondi sovrani, gli endowment delle grandi università americane e i grandi investitori istituzionali, come i fondi pensione, si stanno rivolgendo a loro (ai fondi speculativi) per dare una marcia in più al proprio portafoglio (!)




L'articolo riporta anche i nomi e i cognomi dei primi quattro gestori di questi fondi speculativi, in ordine di "importanza".

sabato 29 ottobre 2011

Il "mercato" risponde alla lettera

La lettera di Berlusconi alla (cosiddetta) Europa è, in realtà, indirizzata al "mercato" dei capitali.

E' una lettera che cerca di rassicurare il "mercato" e che dice:

<<
Continuate ad acquistare il nostro debito sovrano, continuate a prestarci soldi, noi siamo perfettamente in grado di pagare gli interessi e di restituire il capitale !

Noi possiamo:

- aumentare il PIL (e quindi le tasse) rendendo più flessibile il mercato del lavoro
- diminuire la spesa sociale e la spesa per le pensioni
- vendere gran parte del nostro patrimonio

State tranquilli, onoreremo i nostri impegni, la nostra "firma sovrana" !
>>

E la risposta del "mercato" non si è fatta attendere:

Complice la BCE che - smettendo di acquistare i nostri titoli (e quindi smettendo di comportarsi come "prestatore di ultima istanza") - ci lascia in balia del "mercato" che non crede alle nostre parole e ci strappa la "lettera" davanti agli occhi.

Oramai è sistematico: appena la BCE smette di fare la "Banca Centrale" e smette di acquistare il nostro debito sovrano, il "mercato" ci sbrana, i tassi di interesse si impennano, il servizio sul debito diventa sempre più gravoso e l'Italia si avvicina al punto matematico di "non ritorno" come è successo alla Grecia.


A questo punto, quindi, dobbiamo capire che cos'è "il mercato" e chi lo controlla.

Perchè tra il debitore e il creditore, non ci sono dubbi, la sovranità appartiene al creditore.

Ci proveremo nei prossimi post.

domenica 23 ottobre 2011

Il profumo dei...soldi

Un mio amico (Marco) mi ha girato questo bel cartone animato che spiega qualche dinamica monetaria in maniera molto spiritosa. Sarebbe utile farlo vedere ai piccoletti...



Non c'è che dire: ci cercano per farci crescere desideri che non abbiamo, e poi ci fanno diventare loro schiavi.

Bisogna rompere questi schemi, vivere senza la ricerca continua e assillante del "di più", altrimenti l'equazione denaro=debito ci annienterà. 

Il denaro, è bene ricordarlo sempre, è stato inventato per "facilitare" le transazioni tra le persone, non per renderle schiave degli speculatori.


sabato 22 ottobre 2011

Inkiesta sul debito

Segnalo questa interessante "Inkiesta" sul debito pubblico italiano:


Più ci ragiono e più mi appare evidente che il sistema del debito è congnegnato all'unico scopo di destabilizzare continuamente il sistema economico innescando continui cicli di

- crescita
- saturazione
- crollo

Poichè, si sa, la speculazione fa grandi guadagni sui "differenziali" (cioè guadagna molto se le derivate delle curve economiche sono molto grandi, non importa se positive o negative), mi appare altresì evidente che questo sistema giova solo ed esclusivamente agli speculatori e nuoce gravemente alla salute dei popoli.

Ergo: 

non ha senso fare riforme o manovre o aggiustamenti per rientrare e rimetterci in equilibrio perchè la dinamica intrinseca del sistema ci porterà di nuovo, e molto velocemente, fuori dall'equilibrio.

Dobbiamo cambiare la dinamica profonda del sistema, 
dobbiamo cambiare il sistema.

Ripartendo, ad esempio, da queste due semplici domande e pretendendo che queste vengano messe al centro della agenda politica e "mediatica" (ne vorrei sentir parlare in un talk show in prima serata, tanto per intenderci):

1. Perchè uno Stato sovrano, per finanziare i suoi investimenti, deve indebitarsi verso il "mercato" ?

2. Quali altri "contrappesi" possiamo utilizzare per frenare l'inflazione senza entrare nella spirale del debito ?

giovedì 20 ottobre 2011

Il fantino scommette contro il suo cavallo


La notizia rimbalza in rete da qualche settimana e riprende i contenuti di un inquietante articolo pubblicato sul Wall Street Journal il 1 settembre 2011.

Molti blog indipendenti riportano la notizia, la traducono, la commentano.

Con una certa (positiva) sopresa ho scoperto che ne parla anche il grande Federico Rampini sul suo blog all'interno di Repubblica.it:


ed ho trovato anche un passaggio sul Sole 24 Ore:



In estrema sintesi, si tratta di questo:


Goldman Sachs consiglia ai suoi clienti vip di scommettere al ribasso sull'eurozona prevedendo un crollo imminente

e, contemporaneamente,

Goldman Sachs offre servizi di "consulenza finanziaria" agli Stati europei per consentire loro di "evitare" il crollo


Se il sistema finanziario globale fosse un sistema formale governato dalle leggi della logica formale, grideremmo subito al  paradosso (A e non-A) e l'intero sistema crollerebbe all'istante sotto il peso della sua inconsistenza.

E invece non accade nulla (segno che il sistema finanziario si basa su una logica tutta sua che solo a pochi eletti è dato di comprendere).

La mitica Goldman continua indisturbata a fare i suoi affari e, non solo, riesce anche a piazzare un suo uomo al vertice della BCE: la Banca Centrale delle nazioni europee contro le quali sta speculando al ribasso.

domenica 16 ottobre 2011

L'illusione che sia...utopia, la "ricetta" degli "indignati"

Nell'articolo in prima pagina di "La Repubblica" del 16 ottobre dal titolo "Lo Stato sconfitto da un pugno di teppisti" (vedi qui), Eugenio Scalfari tratta il tema degli scontri di ieri a Roma, e sviluppa poi la discussione sul movimento degli "indignados". Scalfari sostiene che il movimento non è "effimero" in quanto, dice testualmente "... esprime la rabbia di una generazione senza futuro e senza più fiducia nelle istituzioni tradizionali, quelle politiche ma soprattutto quelle finanziarie".

Fatta questa constatazione totalmente condivisibile, si addentra poi in una serie di considerazioni, meno condivisibili a mio giudizio, sulla presunta genericità degli obiettivi del movimento, sottolineando che le "soluzioni" proposte per superare questa crisi sono, essenzialmente, pura utopia. Scrive, testualmente: " ...c'è una dose massiccia di utopia in questo modo di pensare; c'è una evidente reminescenza di comunismo utopico; c'è anche una tonalità francescana...ed un contagio di populismo...il populismo degli utopisti che predicono la Città del Sole. Ma non esistono Città del Sole, almeno in questa terra". Parole forti, non c'è che dire. In sostanza il concetto è: si, avete ragione a protestare, pero' le soluzioni che proponete non si possono fare. Cosa dite ? Volete abbassare il potere delle banche, porre qualche regola alla finanza, ri-nazionalizzare qualche cosa (ad esempio, dico io, le banche centrali stesse !) ? Suvvia, non siamo mica nella città del Sole, ragazzi, queste sono cose da...professionisti.

Allora a me che sono dispettoso ed irriverente viene da chiedere chi siano mai questi professionisti. Vorrei sperare che non siano i grandi finanzieri, dal momento che sono stati loro la causa prima di questa crisi. Potrei allora sperare che sia la politica, ovviamente, ma ahimè questa politica non mi sembra stia dando delle risposte razionali. O perchè non sa come fare, o perchè non vuole fare quello che forse dovrebbe.
Quello che vedo è che il reddito resta diviso in maniera troppo diseguale nel mondo, la forbice tra ricchi e poveri sta crescendo, i disoccupati crescono, soprattutto i giovani non hanno, a differenza dei loro padri, speranze per il loro futuro. E la gente si arrabbia.

In Italia come siamo messi, ad esempio, ad occupazione ? E' presto detto: la disoccupazione giovanile in Italia è ai massimi storici. La Confartigianato (guarda qui) nell'agosto di quest'anno ha lanciato un allarme tragico: l'Italia detiene il record negativo in Europa della disoccupazione giovanile. Ci sono più di 1 milione di giovani sotto i 35 anni senza lavoro ! Il tasso dei disoccupati per i ragazzi al di sotto dei 24 anni è del 29,6%, cioè 1 su 3 è senza lavoro. La media europea, che pure è altissima, è del 21%.

Guardiamo un attimo cosa accade fuori da Eurolandia. In un recente editoriale del New York Times, riportato sull'ultimo numero della rivista Internazionale, si legge che nell'ultimo anno il tasso medio di disoccupazione tra i laureati statunitensi sotto i 25 anni è stato del 9,6% e quello dei diplomati è del 21,6%. E le percentuali non tengono conto dei laureati che sono sottopagati e hanno un lavoro che non richiede qualifiche. I ragazzi di "Occupy Wall Street" sostengono che il settore finanziario si è gonfiato con una bolla di credito che è costata il posto di lavoro, la casa e i risparmi a milioni di statunitensi. Si legge, testualmente, nell'editoriale: "la rabbia è aumentata con i salvataggi delle banche e dalla "fame di denaro" dei politici che si sono rivolti a Wall Street per finanziare le loro campagne elettorali" . Negli Stati Uniti la fetta di reddito nelle mani dell'1% dei più ricchi è del 23,5%, la più alta dal lontano 1928, e l'aumento di tale percentuale è avvenuto in gran parte dagli anni '70 ad oggi.
La cosa che fa arrabbiare molto gli indignati americani è che negli ultimi anni gli utili delle aziende abbiano raggiunto il livello più alto come percentuale del PIL dal 1950 mentre, contemporaneamente, i salari dei lavoratori sono scesi al livello più basso dalla metà degli anni '50.

E allora gli indignati americani vogliono cambiare il modello di sviluppo, essenzialmente depotenziando lo strapotere della finanza che, come abbiamo detto anche in questo blog, appare essere la reale prima causa della crisi globale.

Anche in USA, evidentemente esiste qualche dubbio sulla reale capacità dei questi giovani ad poter incidere realmente. Cosa rispondono ai dubbi ?
Il filosofo sloveno Slavoj Zizek, autore del libro "Vivere alla fine dei tempi" ha fatto un discorso ai manifestanti di "Occupy Wall Street" e ha detto loro (cito testualmente, e mi sembra il miglior commento da girare all'editoriale di Scalfari...): "...vi diranno che state sognando, ma i sognatori credono che le cose possano andare avanti all'infinito così come sono e si accontentano di qualche ritocco. Noi non siamo sognatori, siamo al risveglio di un sogno che si sta trasformando in un incubo...Ma il cambiamento è possibile ? Oggi il possibile e l'impossibile sono distribuiti in modo strano. Nel campo delle libertà personali, della scienza e della tecnologia l'impossibile diventa sempre più possibile....nel campo delle relazioni sociali ed economiche siamo invece continuamente bombardati da un "non potete". Non potete compiere atti politici collettivi, non potete restare aggrappati al vecchio stato sociale, non potete isolarvi dal mercato globale. Forse è arrivato il momento di invertire le coordinate di ciò che possibile e impossibile. Magari non possiamo diventare immortali, ma è possibile avere più solidarietà e assistenza sanitaria ?".

Già: è possibile distribuire un po' più la ricchezza ? Se gli indignati sono dei "dilettanti", se siamo noi poveri cittadini tutti dei "dilettanti", cosa ci dicono i professionisti della politica ? Che ricetta hanno per noi ? Al momento ho sentito solo cose del tipo: immissioni di valuta, aumento del debito, privatizzazioni di massa, vendita dei tesori di famiglia, e far crescere il PIL sempre e comunque. Tutte azioni che, fino ad oggi, ci hanno fatto restare in questa crisi della quale non si vede la fine. In sostanza, con questo sistema di sviluppo capitalista senza freni, senza regole, non c'è speranza, non c'è sviluppo, non c'è lavoro per le prossime generazioni.

Ma si puo' cambiare la rotta ?

Qualcuno ci ha provato a farlo, e nessuno dei grandi mass-media ci ha raccontato come sia potuto accadere che qualche nazione abbia potuto prendere delle decisioni in barba alla volontà dei grandi speculatori finanziari.
Noi di Piazzaverdi abbiamo già discusso in questo blog il caso dell'Ecuador (guarda qui) che ha dichiarato "illegale" il suo debito pubblico.

In maniera simile, in Islanda, sono accadute cose analoghe. Ricordiamo alcuni fatti, sfruttando quello che scrive il sociologo spagnolo Manuel Castells in un articolo sull'Internazionale (guarda qui). L'Islanda era, nel 2007, il quinto paese al mondo per reddito pro capite, il sistema finanziario era dominato da 3 banche che praticamente avevano il vizietto di giocare con i soldi dei cittadini favorendo bolle speculative assai ardite, creando aziende in paradisi fiscali, gonfiando i capitali e chiedendo prestiti internazionali usando come specchietto per le allodole tali loro presunti capitali (gonfiati). Capito' allora, nel 2006, che l'agenzia di rating Fitch decidesse di declassare il paese perchè evidentemente aveva iniziato a comprendere che c'erano delle stranezze in quei "giochetti". Le banche allora cercarono di salvarsi creando dei conti ad alto rendimento pubblicizzandoli in altri paesi (Inghilterra, Paesi Bassi). Questa cosa duro' un paio d'anni poi, a settembre-ottobre del 2008 crollo' la fiducia del sistema finanziario e il paese, essenzialmente, falli': il valore delle case cadde a picco e gli islandesi si ritrovarono senza casa e senza lavoro.

A quel punto scesero in campo, direttamente, i cittadini che, dopo giorni di protesta, fecero cadere il precedente parlamento, ne elessero uno nuovo e poi un nuovo governo, guidato da una donna, Johanna Siguriardottir. Appena entrato in carica, il nuovo governo decise di nazionalizzare (capito ? nazionalizzare...) le tre principali banche, svaluto' la corona e limito' le importazioni.

Per decidere cosa fare del debito accumulato, cioè se renderlo ai creditori o no, fecero un referendum e il 93% dei cittadini votarono no alla richiesta di ridare indietro i soldi, almeno la parte del debito che avevano giudicato illegittimo, quello cioè prodotto alle loro spalle dagli speculatori. Non ci fu alcuna rivoluzione.

Ora la popolazione ha ritrovato una sua serenità, il paese sta di nuovo crescendo e i salari e i risparmi dei cittadini sono al coperto dalle speculazioni. Dal momento che i cittadini non hanno bisogno di indebitarsi chiedendo prestiti.

Certamente, il caso dell'Islanda non è facile che si possa ripetere. Anche perchè gli islandesi sono pochi, mi si dice. Resta, tuttavia, un dato di fatto a cui bisognerà trovare una risposta: la gran parte dei debiti accumulati dagli Stati non è facilmente restituibile, se si vuole rendere quanto dovuto a tutti i creditori. Bisognerà scegliere a chi ridare indietro i soldi e a chi no, temo, prima o poi.

Questo è quello che sta accadendo in Grecia, mi sembra. Se ho ben compreso ci sono solo 3 soluzioni per uscirne: o i Greci ridaranno "da soli" indietro tutto il debito che hanno contratto le loro banche con il resto di Eurolandia, abbassando enormemente il loro tenore di vita, oppure tutti i paesi di Eurolandia daranno una mano, oppure si immetteranno sul mercato un sacco di euro in più in modo da "nascondere" temporaneamente il problema. Appunto, temporaneamente.
I prossimi giorni e le prossime settimane ci diranno come andrà a finire la questione della Grecia. Poi toccherà a qualche altro Stato. E magari all'Italia, che non sembra messa benissimo.

Se questa preoccupazione è condivisa, non sarebbe il caso di porre all'agenda della discussione politica questi temi ? Possiamo guardare un po' "oltre" ? Abbiamo il diritto di chiedere a chi ci governa e a chi fa l'opposizione quale ricetta pensano di utilizzare per affrontare questi problemi ? Si può fare un audit dei nostri creditori ? Quali sono leggittimi e quali meno ? Oppure, porre anche solo queste domande, e magari ricevere delle risposte, è , per l'appunto e questa si, utopia ?

L'agenda di un indignato

Una delle tecniche maggiormente utilizzate dai regimi autoritari per manipolare la comunicazione di massa si chiama agenda setting. 

Con questa tecnica i padroni dei mezzi di comunicazione stabiliscono, in modo unilaterale (e, quindi, per definizione, antidemocratico e autoritario) quali sono le notizie che meritano la prima pagina e vanno messe in evidenza e quali sono, invece, le notizie che possono (devono) stare in secondo piano e passare inosservate.

Il risultato finale di questa strategia di comunicazione garantisce una quasi totale focalizzazione della opinione pubblica sulle notizie che guadagnano la pole-position in agenda.

Questa strategia salva le apparenze democratiche del regime perchè consente a tutti di leggere e discutere tutte le notizie del giorno, con la massima libertà, rispettando le invisibili "condizioni al contorno" che il regime ha stabilito e che la cosiddetta "opinione pubblica" non può mettere in discussione perchè esterne al suo spazio di percezione.

Il massimo livello di controllo sui sudditi di un regime, infatti, si realizza quando ciascun suddito viene privato di alcune possibilità di scelta lasciandogli comunque  la totale libertà di scegliere tra una ricchissima gamma di altre opzioni che il regime considera tutte accettabili.

Ciscuno di noi, infatti, è libero di scegliere solo ciò che può scegliere e, all'interno dell'insieme delle cose sceglibili, esercita la sua incondizionata libertà individuale.

Se esistono cose sceglibili ma invisibili, sconosciute, fuori dall'agenda, la riduzione della libertà di scelta non viene percepita come tale e il regime conserva una apparenza democratica all'interno di una invisibile cornice autoritaria.

Detto questo, guardiamo l'agenda delle prime pagine dei giornali di oggi (16 ottobre 2011).

Sono in agenda le proposte degli "indignados" ? 
Le loro idee ? 
I loro contenuti ?
Le loro critiche al regime ?

Si capisce perchè sono scesi in piazza nelle più importanti città del mondo ? 
Si capisce perchè si sono mobilitati ? 

Si parla di loro e della loro visione del mondo ?

No.

L'agenda è quasi totalmente fagocitata dalle immagini degli scontri, dalla guerriglia urbana, dalla violenza dei facinorosi.

Vediamo le foto dei carabinieri in assetto anti-sommossa, dei blindati incendiati che sprigionano altissime colonne di fumo, le strade di Roma trasformate in un teatro di guerra civile.

...

Concludo, quindi, con alcune proposte molto concrete che io, personalmente, vorrei mettere in agenda e di cui vorrei sentir discutere nei talk-show televisivi in prima serata:

a) Bankitalia possiede la quarta riserva aurea del mondo (vedi qui) pari a 2451 tonnellate di oro: perchè Bankitalia non vende un po' di riserva per ridurre il deficit di bilancio consentendo allo Stato di interrompere la spirale perversa dell'indebitamento ? 
Forse non può farlo perchè Bankitalia non è una banca nazionale ma una banca privata ?

b) Il debito pubblico italiano è, in gran parte, debito verso l'estero. Molti titoli del debito estero sono titoli a lunga scadenza e con tassi di interesse insostenibili (vedi qui). Prima di parlare di default generalizzato o far credere alla gente che gli indignados vogliono "sfasciare" il paese, possiamo mettere in agenda il tema della rinegoziazione dei tassi di interesse sul debito estero ? Possiamo chiedere ai nostri rappresentanti in parlamento di effettuare un minuzioso audit del debito pubblico prima di richiedere a noi di rimborsarlo senza fiatare ?

In attesa di vedere queste notizie in prima pagina, questa è l'agenda di Piazza Verdi e siete tutti invitati a dire la vostra.

sabato 15 ottobre 2011

Il Paese degli Asini

Il mio amico Giuseppe ha ricevuto da un suo amico questa storia che sta circolando in rete.

Non so chi sia l'autore e mi dispiace non poterlo citare in modo esplicito.

Nel frattempo condivido il suo pezzo con gli amici di Piazza Verdi sperando che si faccia vivo e diventi uno degli autori del blog ;-)

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Un uomo in giacca e cravatta è apparso un giorno in un villaggio.

In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a € 100 in contanti ogni asino che gli sarebbe stato offerto.


I contadini erano effettivamente un po' sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.


L'uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 € per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali.


Il giorno seguente, offrì 300 € a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio.


Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500 € la settimana successiva e se ne andò dal villaggio.


Il giorno dopo, affidò al suo socio il gregge che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l'ordine di vendere le bestie 400 € l'una.


Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100 €, la settimana successiva tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò, si indebitarono con la banca.


Come era prevedibile, i due uomini d'affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fino a sopra i capelli.


Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. Il corso dell'asino era crollato. Gli animali furono sequestrati ed affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere.


Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune.


Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore).


Eppure quest'ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio ne quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti.


Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l'aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia.


Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità.... Venne innalzata l'età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate.


Dicevano che era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini.


Questa triste storia diventa più gustosa quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un isola delle Bermuda, acquistata con il sudore della fronte. Noi li chiamiamo fratelli Mercato.


Molto generosamente, hanno promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente.


Questa storia non è finita perché non sappiamo cosa fecero gli abitanti del villaggio.


E voi, cosa fareste al posto loro? 

Che cosa farete?

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