In un celebre film di Lars Von Trier, Il Grande Capo, il titolare di una azienda (di software), per gestire con maggiore agilità le attività aziendali e le relazioni con i suoi collaboratori, decide di inventare la figura mitica di un presidente invisibile (il grande capo, appunto), lontano e irraggiungibile, e di attribuirgli sistematicamente la responsabilità delle decisioni più impopolari e dolorose.
Con questa subdola strategia, il "capo" riesce a governare l'azienda mantenendo un buon livello di consenso personale e riuscendo sempre scaricare sul "grande capo" (invisibile) tutte le azioni e le decisioni che possono far crollare la base del suo consenso.
Tutto funziona alla meraviglia fino al punto in cui l'azienda deve essere messa in vendita e il compratore pretende di negoziare l'affare direttamente con il presidente cioè con il grande capo in persona.
Per tentare di cavarsela e riuscire a vendere l'azienda, il capo assume un attore professionista mettendolo a recitare la parte del presidente e lasciandolo in balia delle rancorose ritorsioni di tutti i colleghi che, finalmente, possono guardare in faccia la causa ultima dei loro mali.
La metafora di Von Trier, a mio avviso, descrive perfettamente la nostra attuale situazione.
La classe politica nazionale (il capo) vorrebbe sempre agire per il bene dei cittadini, aumentando i servizi e riducendo le tasse, ma non può farlo a causa della enorme montagna di debito pubblico che l'Europa (il grande capo) ci impone di ridurre adottando manovre economiche "lacrime e sangue" che scongiurano la bancarotta e consentono al Paese di continuare ad "onorare la sua firma sovrana" (cioè continuare a pagare gli interessi sul debito).
Il grande capo è un capo più forte del capo, è più forte della classe politica e anche del Governo.
Il grande capo non ammette tentennamenti, è implacabile nei suoi giudizi e non è soggetto a nessun'altra superiore autorità.
Il grande capo non può essere mai contraddetto perchè sa sempre qual'è il nostro bene anche quando ci chiede sacrifici.
Ecco come si mette all'angolo la Democrazia: invocando una superiore ed ineluttabile necessità alla quale il popolo non può sottrarsi ed affidando l'espressione di questa volontà superiore ad entità mitologiche e misteriose (il debito... l'europa... il mercato...) che non si materializzano mai in qualcosa di concreto e visibile, in qualcosa che si può comprendere fino in fondo o in qualcuno con cui si può interagire in modo diretto e dialettico.
Poi però, quando i nodi vengono al pettine, quando arriva il "compratore", quando bisogna fare sul serio, il grande capo acquista un volto, una fisionomia e finalmente sappiamo con chi prendercela.
A questo punto possiamo fare solo due cose: indignarci ed accanirci contro l'attore (credendo che sia davvero lui il grande capo) oppure togliergli la maschera, obbligarlo a parlare, a rivelarci le diaboliche regole del gioco di cui siamo stati, per troppo tempo, ignari giocatori.
Chiedere, insomma, all'attore di rivelarci l'autore e il copione della commedia.
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