Se si vuole
parlare di “previsione del tempo”, a qualsivoglia scadenza temporale, è
necessario capire che questa è “figlia” della previsione dello Stato fisico dell’Atmosfera,
sovrastante quantomeno l’area dove si vuole sapere che tempo farà. Ma cosa si intende per “Stato fisico dell’atmosfera”? L'atmosfera è fatta da un miscuglio di gas, e pertanto si "muove" e si modifica in accordo alle fisiche dei gas. Si tratta delle leggi della meccanica e della termodinamica, note da qualche centinaio di anni. Trattandosi di stato "fisico", allora l’atmosfera sarà descritta da grandezze per l’appunto fisiche, tipo la
velocità e direzione dei venti, tipo la temperatura o la densita dell’aria
o la pressione atmosferica. Quindi l'evoluzione dell’atmosfera,
e quindi del tempo meteorologico che ne deriva, è determinata da come
evolvono nel tempo e nello spazio queste grandezze, che in gergo si chiamano
“variabili di stato”, a partire da specificate “condizioni iniziali”. Come dire che se conosco adesso la pressione atmosferica o la temperatura in un punto e alcune altre grandezze..., posso stimare cosa accadrà in futuro.
Tali leggi sono scritte in linguaggio “matematico” sotto forma di equazioni differenziali a derivate parziali, non lineari e a coefficienti variabili (questo per essere proprio…precisi), e non sono assolutamente affrontabili e risolubili con “carta e matita”, perché troppo complesse. E’ necessario allora approssimarle e scriverle sotto forma di equazioni algebriche che possono essere “risolte” attraverso l’uso dei potenti computer. La sostanza della previsione meteo numerica è semplice, in definitiva: se si conosce lo stato iniziale dell’atmosfera in una data area, e questo è possibile attraverso gli strumenti di misura esistenti e di varia tipologia (al suolo, i radar, i radiosondaggi, i dati da satellite, da areo ecc..) è possibile conoscere, con una certa piccola o grande approssimazione, l’evoluzione futura di tale stato, risolvendo numericamente queste equazioni algebriche, che simulano, per quanto possibile, l’evoluzione dell’atmosfera reale, che è descritta appunto dalle variabili di stato di cui sopra.
Figura 1: la divisione in
“volumetti” dell’atmosfera in
un tipico grigliato tridimensionale usato in un
modello globale
|
Da un punto di vista teorico, per
descrivere l’evoluzione dell’atmosfera sovrastante quell’aria serve conoscere
l’evoluzione di cinquecentomila variabili di stato…Se volessimo "visualizzare" questa evoluzione in uno spazio cartesiano dovremmo usarne uno con cinquecentomila assi. E in questo spazio a cinquecentomila dimensioni un punto rappresenterebbe lo STATO dell'intero volume di 1000*1000*10 chilometri cubi di atmosfera...La curva che quel punto percorre in quello spazio nel tempo rappresenterà allora l'evoluzione nel tempo di quel volume d'aria, descritto da tutte quelle cinquecentomila variabili.. Difficile da capire? Magari no...
In ogni caso, per far capire meglio il concetto, proviamo a selezionare tra quelle cinquecentomila variabili solo due. In tal modo potremo dare una rappresentazione grafica reale a questa evoluzione....Le due variabili, tra queste cinquecentomila, potrebbero essere due temperature in due "volumetti" di atmosfera posti abbastanza lontani tra loro all'interno del dominio di interesse. Oppure potremmo prendere due variabili diverse in uno stesso volumetto, che so la temperatura e la componente est-ovest della velocità del vento...Facendo così potremo rappresentare l’evoluzione dello stato "ridotto" attraverso solo queste due variabili in un piano cartesiano avente solo due assi, X1 e X2 (vedi Figura 2), che rappresentano appunto le due variabili di stato selezionato. In tal modo possiamo rappresentare in modo visivo l’evoluzione dell’atmosfera come appunto una serie successiva di punti in uno spazio a due dimensioni che percorrono una curva che, a partire da un punto iniziale, evolve nel piano disponibile. Ogni “punto” rappresenta lo Stato in un dato giorno, ad esempio.
La curva si sviluppa su un arco temporale di poco più di 100 giorni, in sostanza poco più di una stagione. Un altro piccolo dettaglio di scarso interesse ma che aiuta a capire. Operiamo anche una “normalizzazione” alle nostre due variabili di stato X1 e X2, per renderle prive di dimensione fisica. Per far questo si sottrae ad esse un valore di riferimento e poi si divide per una grandezza che rappresenta la variabilità di quel valore attorno al suo valor medio, ad esempio la deviazione standard. Dividendo una cosa con dimensione con un’altra cosa con la stessa dimensione, il rapporto che si ottiene NON ha allora più dimensione, e si dice che è un numero “puro”.
In ogni caso, per far capire meglio il concetto, proviamo a selezionare tra quelle cinquecentomila variabili solo due. In tal modo potremo dare una rappresentazione grafica reale a questa evoluzione....Le due variabili, tra queste cinquecentomila, potrebbero essere due temperature in due "volumetti" di atmosfera posti abbastanza lontani tra loro all'interno del dominio di interesse. Oppure potremmo prendere due variabili diverse in uno stesso volumetto, che so la temperatura e la componente est-ovest della velocità del vento...Facendo così potremo rappresentare l’evoluzione dello stato "ridotto" attraverso solo queste due variabili in un piano cartesiano avente solo due assi, X1 e X2 (vedi Figura 2), che rappresentano appunto le due variabili di stato selezionato. In tal modo possiamo rappresentare in modo visivo l’evoluzione dell’atmosfera come appunto una serie successiva di punti in uno spazio a due dimensioni che percorrono una curva che, a partire da un punto iniziale, evolve nel piano disponibile. Ogni “punto” rappresenta lo Stato in un dato giorno, ad esempio.
La curva si sviluppa su un arco temporale di poco più di 100 giorni, in sostanza poco più di una stagione. Un altro piccolo dettaglio di scarso interesse ma che aiuta a capire. Operiamo anche una “normalizzazione” alle nostre due variabili di stato X1 e X2, per renderle prive di dimensione fisica. Per far questo si sottrae ad esse un valore di riferimento e poi si divide per una grandezza che rappresenta la variabilità di quel valore attorno al suo valor medio, ad esempio la deviazione standard. Dividendo una cosa con dimensione con un’altra cosa con la stessa dimensione, il rapporto che si ottiene NON ha allora più dimensione, e si dice che è un numero “puro”.
Fatte queste premesse noiose ma
necessarie, se adesso guardiamo la curva nera della figura 2, che rappresenta
quella che potrebbe essere l’evoluzione “osservata” dell’atmosfera descritta
dalle nostre due variabili di stato
(denominate X1 e X2), osserviamo che a partire da un punto iniziale in cui i
valori di anomalia normalizzata sono
negativi per entrambe le variabili (siamo cioè in un regime di anomalia
negativa, più “freddo” del valor medio se parlassimo di temperature), dopo un
po’ di tempo (ogni tacchetta rappresenta un giorno), la variabile 1 si mantiene
negativa mentre la 2 diviene positiva, poi entrambe si mettono a
“spiraleggiare” attorno allo zero. In sostanza lo stato del sistema, descritto
dalle nostre due variabili di stato per semplicità, si muove per un po’ di tempo (più o meno
dal giorno 30 al giorno 50), attorno allo zero. Talvolta la variabile 1 è
positiva e la due negativa, altre volte capita il contrario. Ma in ogni caso i
“valori” sono prossimi allo zero. Chiameremo questo un “regime nella norma”. Successivamente,
si verifica una nuova transizione e alla fine (più o meno dal giorno 70 fino
alla fine della curva o pochi giorni prima), il sistema si posiziona su un
regime di anomalia positiva, dove entrambe le variabili denotano un’anomalia
maggiore di zero. Se interpretiamo le due variabili come, ad esempio, la
temperatura osservata in due luoghi (o due dei famosi “volumetti” di cui
sopra…), potremo intendere questa evoluzione nel modo seguente: si inizia con
uno stato in cui in entrambi i luoghi (o volumetti) la temperatura è sotto la
media del periodo, poi nel tempo i valori di temperatura crescono, oscillando
attorno ai valori della norma per l’uno e l’altro punto, e poi alla fine si
transita in un regime “caldo” dove in entrambi i luoghi (o volumetti) la
temperatura supera la media.
Spero che fino a qui sia tutto chiaro.
Figura 3: L’evoluzione del tempo osservata (la
curva nera della figura 1 riprodotta per
comodità) e prevista da un modello di previsione “buono” (la curva rossa). Si
vede come in tal caso la previsione inizialmente riproduce bene i valori
osservati (nei primi 5-8 giorni), poi la curva della previsione si allontana da
quella osservata pur rimanendo quasi sempre attorno allo stesso stato di
anomalia dell’osservato. In tal caso, pur non essendo in grado, il modello
usato, di riprodurre ovviamente l’evoluzione giornaliera (si noti che la
distanza tra previsione e osservazione nei singoli giorni è molto spesso
parecchio elevata, dopo il decimo giorno), tuttavia riproduce abbastanza bene
le così dette “proprietà statistiche”. In sostanza lo stato previsto sta più o
meno sempre nello stesso stato di quello osservato. Il modello è in grado di
riprodurre, ovviamente non giorno per giorno, le anomalie osservate
I dettagli sono descritti nelle didascalie delle figure, quello che mi preme sottolineare sono solo alcuni aspetti: prima di tutto che la previsione meteorologica, intesa come riproduzione deterministica giorno-per-giorno del tempo osservato, è di fatto possibile solo nei primi 5-10 giorni di previsione, successivi alla data da cui ha preso inizio la previsione. Successivamente a tale scadenza temporale, il comportamento essenzialmente caotico dell’atmosfera impedisce, per definizione, la riproduzione “esatta” dell’evoluzione nel tempo, se con il termine “esatto” si intende ad esempio la riproduzione della variabilità giornaliera, giorno-per-giorno. Si nota infatti come la “distanza” (che è una misura dell’errore della previsione) da giorno a giorno, tra la curva nera (osservato) e rossa (previsto) aumenti al crescere dei giorni di previsione. Queste cose le ha dimostrate un grandissimo della meteorologia mondiale, Edward Lorenz, negli anni ’60, dimostrando appunto come l’atmosfera sia essenzialmente un sistema caotico e deterministicamente non predicibile, dopo un periodo di circa due settimane, in sostanza i nostri 10 giorni, giorno più giorno meno…
Non entrerò nei dettagli del
ragionamento di Ed Lorenz, per chi fosse interessato rimando a questa
fondamentale lettura (vedi qui).
Da quanto detto sino ad ora, non sembra sussistere via d’uscita: fare
previsioni di lungo periodo significa solo perdere tempo. Non è così. Cerchiamo
di capire meglio cosa voglio dire…
Se guardiamo bene la figura 3, si
nota che, almeno in questo caso, la previsione di lungo periodo, pur non
essendo certamente MAI in grado di riprodurre i dettagli della variabilità giorno-per-giorno, è tuttavia in grado di “catturare” abbastanza bene i “regimi” in
cui l’atmosfera osservata si “posiziona” nel tempo, ed anche le transizioni tra regime e regime. Ad esempio
l’evoluzione da periodi ad anomalia negativa (freddi) a positiva (caldi), la
permanenza all’interno di un dato regime (freddo o caldo, per mantenere
l’esempio).
Cosa si può concludere, almeno per questo caso che ho chiamato “fortunato”? Si conclude che non sarà mai, sottolineo MAI, ad esempio possibile rappresentare il tempo futuro del giorno X dell’anno Y, partendo da condizioni iniziali di due mesi prima il giorno X, ma tuttavia può essere possibile conoscere con un certo livello di incertezza (diverso da zero ma neppure infinito), se nei due mesi successivi quel giorno X il tempo potrà essere “mediamente” un po’ più anomalo in un senso o nell’altro (più “caldo” o più “freddo”), o magari simile a quello osservato. E più o meno quando potrebbero verificarsi le transizioni da un regime all’altro. Niente più di questo, pero’! Questo sarà tanto più vero quanto più ampie si considereranno le aree geografiche dove si faranno le valutazioni dello stato dell’atmosfera. Se l’area geografica è quella del singolo “volumetto” di atmosfera di cui si parlava poco fa, allora sarà abbastanza difficile aver successo. Cioè quella curva prevista difficilmente si terrà tutto sommato abbastanza “vicina” a quella osservata. Mettendo assieme più volumetti e operando una media questo magari potrebbe essere più possibile. Cioè mediando su più “volumetti” il segnale corretto potrebbe anche saltar fuori.
Fosse così sempre, saremmo
felici…Ahime, purtroppo questo non accade sempre.
Ci sono molte situazioni (i casi
“sfortunati”) in cui questo NON accade. Nel caso (appunto sfortunato) raffigurato
nella figura 4, la curva di previsione (curva verde) è sempre lontana da quella
nera e non riproduce assolutamente mai non solo la variabilità giorno-per-giorno (come
nel caso fortunato precedente) ma neppure i regimi medi osservati.
Questa diversità di comportamento accade perché le situazioni NON sono tutte ugualmente predicibili, e questo dipende da tanti fattori: la posizione geografica (ad esempio nelle aree tropicali in genere c’è maggiore predicibilità di quelle extra-tropicali), la stagione dell’anno, la situazione meteorologica più o meno evolutiva (situazioni caratterizzate da passaggi continui di cicloni sono meno predicibili di situazioni di tempo bloccato.
Questa diversità di comportamento accade perché le situazioni NON sono tutte ugualmente predicibili, e questo dipende da tanti fattori: la posizione geografica (ad esempio nelle aree tropicali in genere c’è maggiore predicibilità di quelle extra-tropicali), la stagione dell’anno, la situazione meteorologica più o meno evolutiva (situazioni caratterizzate da passaggi continui di cicloni sono meno predicibili di situazioni di tempo bloccato.
Purtroppo è difficile stabilire
“in anticipo” in quale di queste fortunate (o sfortunate) situazioni ci si potrà trovare. Talvolta il successo è maggiore
in quanto sussistono grandi anomalie globali o emisferiche (tipo l’anomalia diEl Nino – qui i
dettagli - che interessa le aree tropicali del Pacifico) o sussistono dei
“pattern” di configurazione atmosferica (tipo la North Atlantic Oscillation (qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Oscillazione_Nord_Atlantica i
dettagli) che in qualche maniera “forzano” il tempo meteorologico verso
situazioni più facilmente predicibili anche nel lungo periodo, soprattutto
grazie agli Oceani che hanno una variabilità molto più “lenta” dell’atmosfera, soprattutto
in profondità, e quindi mantengono “memoria” anche per diversi mesi in avanti. Ma sarebbe troppo facile se fosse sempre così.
Stabilire una regola semplice è molto difficile, addirittura fuorviante.
Non è possibile costruire cioè un
modello che ci anticipi in maniera chiara se “saremo” fortunati o sfortunati.
Ci possono essere degli indizi, e il meteorologo bravo li deve saper cogliere. E' essenziale quindi che ci sia l'uomo, in questo processo, che non potrà quindi mai essere completamente automatizzabile...Sappiamo ad esempio che se in Europa sussiste un regime di North Atlantic
Oscillation (NAO) positiva c’è da attendersi un regime di precipitazioni più
basse in tutta l’area del Mediterraneo e maggiore sul Nord Europa, diversamente
dalle volte in cui il pattern della NAO è rovesciato. Ma anche in tali casi
talvolta non è così.
In ogni caso, e di nuovo lo
ri-sottolineo, sia nei casi fortunati che tanto più in quelli sfortunati, NON
E’ mai possibile dare indicazioni di dettaglio nel futuro successivo a 10
giorni, tipo prevedere l’esatta configurazione di una struttura di pressione e,
ancor di più impossibile, anticipare il tempo meteorologico in una specifica
località. Al massimo si può dire qualcosa sul tempo medio, guardando aree
abbastanza vaste, e anche così il margine di errore può essere grande. Talvolta
molto grande.
Questa conclusione dovrebbe chiarire, spero una volta per tutte, il tema della attendibilità, e prima ancora di questo, della "lettura" che si debba dare alle previsioni di lungo periodo, che non sono "la stessa cosa" delle previsioni a due-tre giorni, come ho cercato di spiegare...E quindi se è perfettamente lecito quantificare in modo esplicito la previsione, ad esempio di temperatura in una località tra 3 giorni, non è assolutamente possibile farlo con previsioni a 15 giorni. Dire che tra quindici giorni, a Bologna o in qualunque altro posto, ci saranno X gradi di temperatura massima è pertanto una reale "bufala":
E’ però evidente che pur non essendo
in grado di riprodurre MAI, dopo i famosi primi dieci giorni, l’evoluzione giorno per giorno, ma semmai solo le
transizioni tra regimi di anomalia diversa o magari la permanenza in uno stesso
regime, ebbene anche questa limitata
potenzialità può essere di grande rilevanza, sia teorica che pratica. Ad
esempio, se si pensa a tutte le volte che è necessario pianificare azioni nei diversi settori
di attività umane, il sapere anche solo che tra un mese sarà in una data area “un po’ più caldo della media” o “più
freddo”, o “più piovoso” o “meno piovoso” del normale, può fare la differenza tra
scegliere bene o male. E magari si tratta di azioni che
costano grande fatica, soldi e responsabilità da dover prendere. Si pensi ad esempio alle aziende municipalizzate che devono programmare lo stoccaggio del “gas” da riscaldamento, oppure pianificare attività
in agricoltura (es: quanta acqua per irrigazione sarà necessaria tra un
mese), oppure la pianificazione delle azioni di difesa da alluvioni ecc….
L'obiettivo di questo post era di fare un po' di chiarezza in merito al tema, complesso, delle previsioni meteo. Abbiamo visto che previsioni a 2-3 giorni e previsioni a 3-4 mesi sono cose diverse assai, e quindi la lettura che se ne fa deve necessariamente essere diversa.
Certamente stiamo trattando un tema complesso...
E allora chiudo questo post con la speranza di aver centrato l'obiettivo di raccontare una cosa complessa in modo da farmi capire. Spero che il lettore si sia fatto un'idea dei limiti delle previsioni che vengono emesse, di quanto complessa sia la Natura, in questo caso l'Atmosfera, che non è predicibile in senso "stretto" oltre i noti (oramai spero...) 10 giorni, ma allo stesso tempo non preclude la possibilità di dire qualcosa dopo questi mitici 10 giorni. Sono cose diverse, è necessario differenziarle, è necessario spiegarle. E alla fine, se si è capito, ebbene questo sarà un tassello in più nella conoscenza delle persone, che potrà solo far del bene.
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